La Puglia si attesta al secondo posto nella non lusinghiera classifica delle regioni italiane in cui si legge di meno. Secondo i dati Istat del 2017, nei dodici mesi precedenti all’indagine, oltre il 70% dei pugliesi, con più di 6 anni, non ha letto nemmeno un libro, per motivi diversi da lavoro o studio.
Un dato, quello pugliese, appena inferiore a quello della vicina Campania. Ed è proprio da Napoli che parte il viaggio narrato dalla nota scrittrice Antonella Cilento, nel prezioso lavoro “Asino che legge. I giovani, i libri, la scrittura” (Guanda, 2010). Un viaggio attraverso varie provincie d’Italia, in cui l’autrice, nel suo ruolo di esperta di scrittura creativa, raccoglie la sfida di risvegliare ove è sopito, o non è mai fiorito, il fascino della parola scritta.
Del resto, il dato nazionale vede circa il 42% di lettori, più o meno stabile rispetto al dato rilevato nel 2014, ma chiaramente in discesa rispetto al 46% del 2010, che tradotto in numeri, ci dà oltre 4 milioni in meno di lettori. Un mito da sfatare è che la lettura sia un’occupazione da vecchi. Infatti, la fascia d’età in cui si legge di più è quella compresa tra i 15 e i 17 anni, con una netta prevalenza delle donne rispetto agli uomini. Del resto la prevalenza femminile fra i lettori è un dato consolidato in tutte le fasce d’età e le aree geografiche, con una percentuale media nazionale di circa il 49% contro il 35%.
Il declino del numero di lettori non è dovuto, come qualcuno potrebbe essere portato a pensare, dalla diffusione di nuovi strumenti tecnologici e di altre forme di intrattenimento. Infatti, le stesse statistiche ci dicono che fra i lettori c’è una maggiore propensione alla pratica di attività sportive, alla navigazione su Internet, alla fruizione di altri prodotti culturali come il cinema, il teatro ed i musei. Certamente ai fattori principali che determinano la lontananza (o l’allontanamento) dalla lettura, non può essere estranea l’attuale e perdurante crisi economica ma, i fattori prevalenti, sono principalmente di natura socio-culturale (basso livello d’istruzione, residenza in comuni piccoli o in zone caratterizzate da endemiche carenze strutturali, l’ambiente familiare). Con mestizia, ma senza sorpresa, dobbiamo constatare come nel nostro Mezzogiorno, la percentuale di lettori sia significativamente più bassa che nelle aree del nord del Paese (il 28,8% contro il 46%). Approfondendo l’analisi, notiamo che fra coloro che leggono, i cosiddetti lettori forti (con 12 o più libri letti in un anno) sono solo il 14%, mentre i lettori deboli (con massimo 3 libri in un anno) sono il 45%.
L’agenzia NOP World, che si occupa per lo più di indagini di mercato, ha realizzato una ricerca basata sul calcolo delle ore medie settimanalmente dedicate alla lettura, in 30 paesi di tutto il Mondo. Fra i paesi europei, solo Repubblica Ceca, Russia, Svezia, Francia e Ungheria, si attestano sopra la media mondiale. L’Italia occupa il 22.esimo posto in classifica, ben sotto la media mondiale, preceduta da Germania e Stati Uniti appaiati al 21.esimo posto, e seguita dal Regno Unito addirittura in 26.esima posizione. Il podio, sorprendentemente forse per noi, è occupato da India, Thailandia e Cina. Questo dato potrebbe costituire una riprova che l’attitudine alla lettura di un popolo, è un fenomeno complesso ma, i fattori socio-culturali e tradizionali sembrano esserne l’elemento determinante.