E’ passato ormai qualche mese dalla elezione della nuova dirigenza politica cittadina e la cittadinanza attiva – o quantomeno non passiva – comincia un primo bilancio di queste settimane di gestione da parte del Consiglio di centro-sinistra e correlata giunta.
All’occhio poco attento del cittadino medio, in verità, poco risalta in questa nuova gestione.
Nonostante si sia provveduto alla elezione di un Sindaco iperspecializzato in questioni attinenti trasporto e viabilità, la Caserma Rossani rimane un accozzaglia di ipoutilizzo ovvero di okkupazione (proprio così, con due kappa) mentre la estramurale Capruzzi arranca, nel traffico giornaliero, intasata di Bus di servizio Urbano/Extraurbano/Regionale/Nazionale/Internazionale; tra le numerose professionalità presenti, non una che abbia colto l’attimo per trasformare l’incolta area ex Ministero della Difesa/Demanio per tirare un po’ di marciapiedi e asfalto, rivalutare il verde presente e costruire, con davvero quattro soldi (sicuramente meno di quelli che servono per mettere in piedi una filovia elettrica che stenta a partire..) una stazione Bus come Dio comanda,magari con un nuovo sottopassaggio di interscambio direttamente con la Stazione Ferroviaria.
Cose dell’altro mondo, ovvero invenzioni già attive da trent’anni in altre città o Nazioni.
Ma andiamo avanti (traffico permettendo).
Una gara internazionale che ha visto vincitore (l’unico, in ogni senso, con una parcella di circa 180.000 euro, giusto quello che avanza qualche fornitore/officina dell’AMTAB) un prestigioso Studio di Architettura internazionale che ha ideato una soluzione ricreando un “Central Park” con sotteso fascio di binari interrati, alla facciazza parrebbe di una moltitudine di professionalità locali in lotta quotidiana per acquisire una commessa da qualche centinaio o, nel migliore dei casi, migliaio di euro. Nel frattempo, nel tessuto reale e vivo della cittadinanza che arranca nel quotidiano, scompaiono i passaggi a livello – tribolanti ma funzionali – del prolungamento via Amendola e di via Oberdan, in favore di sottopassi pedonali che sembrano, illuminati a giorno come corridoi alieni, le classiche cattedrali in una altrimenti devastante e immobile oscurità urbana.
Segue l’annosa (da sempre) e parrebbe improbabile gestione della manutenzione stradale.
Alla lena pre-elettorale dove squadriglie di ominidi si affaticavano a ridipingere strisce pedonali ( tutte in rassicurante vicinanza, stranezze delle procedure di somma urgenza, ai seggi elettorali) e camioncini pieni di bitume scorazzavano per la città per rappezzare asfalti in modalità Mogadiscio presenti in ogni dove, oggi si contrappone una sconcertante assenza di manutenzione, se non in (apparentemente, ne siamo certi) improvvisate cantierizzazioni tutte intente a rifare marciapiedi accettabili correnti su viabilità altrimenti degna di un crossodromo (vedasi via De Giosa direzione Petruzzelli).
Quel poco di cantierizzato diverso dall’edile/stradale, in compenso, forse per dare l’impressione di una economia manutentiva in fermento, con terrorizzante precisione intasa i principali snodi cittadini nelle fasce orarie più incredibili (tipo dalle 8 in poi del Lunedì mattina) allorquando serafiche squadre della multiservizi urbana segano ramaglie usufruendo di restringimenti di careggiata che causano (in)immaginabili code con connesso guadagno di ospiti, causa concentrazione immaginabile di colorite bestemmie, negli inferi eterni degli automobilisti più dannati.
In compenso, quando piove la “Bari” infrastrutturale da il meglio di se:
Con vivida invidia dei Veneziani più rosiconi, la città si fregia di canali e calli, di laghetti e stagni, causando felicità di eleganti signore col SUV e irripetibili epiteti – nostro malgrado – da parte di automobilisti e ciclisti e pedoni nei confronti della Dirigenza Politica cittadina.
Immaginiamo, con tenerezza, l’operatore dell’AQP incaricato dell’ingrato compito di tirare lo “sciacquone della città”, ovvero aprire le chiuse in corrispondenza del Lungomare, riversando nell’Adriatico un estratto delle migliori intenzioni mescolate, è inutile negarlo sostengono le malelingue, ad una indefesso ed invariato – almeno al momento – immobilismo nel fare.
La cittadinanza- distrattamente interrogata su questa Bari e forse Italia che ormai non sorprende più, elude altisonanti e ridondanti vuoti proclami che rimbalzano da Roma sin qui, nella porta dei Balcani e talvolta , spiace dirlo – si trascina spesso indifferente nella indifferenza.
Resta, invero, una unica forma di vergogna: quella che ci fa arrossire allorquando schiere di crocieristi, dallo sguardo alquanto perplesso, si soffermano a guardare l’emblema di questa città eterna, almeno nei cantieri che non (ri)partono.
Il cantiere – ribattezzato della “vergogna” da qualche anonimo contestatore – di via Argiro.
Un buco nell’acqua, insomma. Almeno, parrebbe, per il momento.
Roberto Loporcaro