Ilaria Palomba, e dico Palomba con la “a” finale, perchè in molti si sbagliano, come suggeritomi dalla stessa Ilaria, ha presentato il suo libro “Fatti male” dalla libreria Feltrinelli di Bari qualche giorno fa, l’abbiamo incontrata e l’abbiamo intervistata per svelarvi di lei quegli aspetti che non conosciamo.
Chi è Ilaria Palomba in tre pregi e tre difetti.
“Ilaria Palomba è rabbia, ma rabbia sussurrata mai urlata. La rabbia dei mostri, dei diversi e dei cattivi. Ilaria Palomba è così relativista che arriva a dubitare del terreno che calpesta. Ilaria Palomba è una bambina che non ha intenzione di mettere giudizio. Questi sono i miei più grandi pregi e i miei più grandi difetti.”
Che rapporto ha Ilaria con se stessa e il mondo circostante?
“Conflittuale. Mi sono illusa per lungo tempo che la vita fosse costituita da un movimento dialettico interno, di tesi, antitesi e sintesi, ora so che non è vero, non c’è nessuna sintesi, non ci sarà mai. La ragione è la più grande illusione che il genere umano abbia inventato. Ci sono solo e sempre opposti contraddittori. Io sono due opposti contraddittori e non sintetici: bella e brutta, buona e cattiva, uomo e donna, coraggiosa e spaventata, padrona e schiava, libera e in gabbia. Amo e odio il mondo.”
Come nasce il tuo primo libro e come ti sei appassionata alla scrittura?
“Fatti male nasce da un’esigenza interiore: vedevo attorno a me troppe donne tradite, insultate, sfruttate, l’assenza di ideologia è ciò che ho visto, ciò che mi hanno raccontato. Fatti male nasce dalla constatazione che esista ormai una lunga e sanguinosa guerra tra i sessi e che ciascuno dei due sessi creda di essere la parte lesa.
Fatti male nasce anche da nottate surreali nei casolari abbandonati delle campagne pugliesi, nasce dalla musica elettronica che oltre ad essere uditiva diventa tattile. Nasce dalla fusione dei miei lati opposti, dagli amici che hanno giocato con la vita propria e altrui e da quelli che si sono persi irrimediabilmente.
Scrivo da quando avevo sette anni, è sempre stato un modo per dialogare con il mio lato oscuro, credo che se non scrivessi ucciderei.”
Perché un titolo così forte?
“Qualunque altro titolo non avrebbe reso l’idea.”
Di cosa parla il libro? Ci sono riferimenti personali autobiografici?
“Parla di Stella, diciannovenne studentessa di Filosofia, e Marco, ambiguo trentenne irrisolto, del loro incontro e scontro, di party allucinati sul filo della vita e della morte, di dipendenza, più che dalle sostanze dalle persone. Marco è la droga di Stella e viceversa, sono entrambi falsi, entrambi diversi dall’ambiente che li circonda, entrambi marci, solo che lei si finge vittima e lui carnefice ma senza schiavo, il padrone è perduto. Chi dipende da chi?”
Fabia Tonazzi