BARI – Ieri pomeriggio, presso la libreria Laterza di Bari, è stato presentato il libro “Cause perdute Dai Borbone alla Catalogna”, di Enrico Francia, Alessandro Leogrande e Biagio Salvemini. Il saggio storico vuole analizzare, attraverso un approfondito excursus narrativo, il protrarsi di ideologie sconfitte nel corso degli eventi e di come le stesse continuino a sobbolire, tuttora, negli strati più reconditi della società. Spesso laddove si cede il posto a delle letture strumentali della storia, a fini propagandistici, fioriscono questo genere di idee, alimentate dal rancore per la sconfitta storica e da un presente poco soddisfacente. Il caso più esemplare può essere la Catalogna che, richiamando a quel fatidico 11 settembre 1714, prova ad incrinare l’autorità spagnola e a ristabilire la tanto agognata indipendenza.
Il libro, tuttavia, nasce anche da un altro problema, sorto quest’estate, sul quale si dibatte ancora, circa una proposta di legge del Movimento 5 Stelle. Si tratta di eleggere un giorno della memoria per le vittime meridionali del Risorgimento. Il progetto, seppur accettato dal alcuni comuni del Sud-Italia, è stato fortemente propugnato dalle fila di filoborbonici monarchici ed osteggiato dalla fitta schiera di intellettuali storici del Meridione. Tra di loro i tre autori del saggio. Il tentativo è quello di combattere quest’uso partitico della storia e le invenzioni politiche che ne seguono. Diffusa è, infatti, l’idea del Regno Borbonico come un luogo idilliaco, portato in rovina dal sopraggiungere dei Piemontesi.
Il dibattito, tuttavia, ha assunto toni quasi violenti, seppur verbalmente, quando un gruppo di attivisti filoborbonici ha contestato lo svolgersi del convegno, nella libreria Laterza. Una vera e propria aggressione alla cultura, nella difesa di un’ideologia che di storico ha ben poco. Si potrebbe discutere di piemontesizzazione, di questione meridionale e di come lo Stato del Piemonte avrebbe potuto gestire diversamente il Mezzogiorno italiano. Ci sono interessantissimi studi di Gaetano Salvemini o di Antonio Gramsci al riguardo. Tuttavia, ogni discorso va fatto con uno sguardo lucido e scientifico verso il passato. La storia è una delle discipline più scientifiche che ci siano, con un suo statuto ben preciso. Proprio per questa ragione, nonostante sia di tutti (nel senso che tutti hanno il diritto di studiarla), non tutti possono raccontarla. Come la medicina, come la fisica, come la chimica, la storia non può essere democratica.