Il 2 agosto è per l’Italia una data tragicamente passata alla storia!
Trentatrè anni fa, 2 agosto 1980, da poco scattate le 10.25, un ordigno esplose dentro la stazione di Bologna. La vita di 85 persone si spense in un inferno di fuoco e di macerie. L’onda d’urto dell’esplosione ferì altre 200 persone, tra le urla e il terrore in un uno scenario colmo di sgomento.
La vicenda della “strage di Bologna” assunse da subito la conformazione del giallo politico. Sulle prime si disse che era scoppiata una caldaia nei sotterranei, quindi si cercò di attribuire la colpa al caso. Successivamente, venuti a conoscenza della natura dolosa dell’esplosione, l’esplosivo era di fabbricazione militare, si è attribuita la responsabilità alle frange di estrema destra. La strage fu fatta rientrare nella cosiddetta “strategia della tensione” che si verificò in Italia negli anni di piombo sul finire degli anni ’70 e l’inizio degli ’80. La magistratura, infatti, individuò come esecutori materiali, alcuni militanti dell’estrema destra appartenenti ai NAR, tra cui Fioravanti, Mambro e Ciavardini, condannati in seguito all’ergastolo. Oltre a loro, ufficiali dei servizi segreti di allora furono condannati per “depitaggi compiuti in merito alla strage di Bologna”. Tra questi figurano nomi illustri come Licio Gelli, l’uomo più rappresentativo della storia occulta del nostro Paese, noto come maestro venerabile della loggia massonica segreta P2. Ma anche i Servizi Segreti, il Sismi, nelle figure di Francesco Pazienza, Federico Mannucci Benincasa, Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte, si resero colpevoli di una serie di depistaggi.
Gli anni di piombo, sia di stampo “nero” sia di matrice “rossa”, hanno segnato profondamente la coscienza e la storia italiana. Il rischio come accade sempre in ogni grave lutto collettivo è la dimenticanza.
Al di là delle responsabilità, dei depistaggi, di una verità che non potrà mai essere definita con assoluta certezza, resta l’esigenza di mantenere viva la memoria degli eventi che hanno costruito il profilo della nostra vita pubblica.
La dimenticanza e l’annullamento del dolore, vista la molteplicità delle vittime, quindi la mancanza in un certo senso di identificazione, non deve mai farci dimenticare che in quella strage persero la vita ben 85 persone e molte altre ne rimasero mutilate. Spesso quando si parla delle stragi di stampo terroristico l’accento cade sulle cause, sui mandanti, sui giochi di potere. Tutte queste riflessioni e letture della storia è giusto che siano fatte, ma non si deve mai dimenticare, né sminuirne il tragico martirio civile di decine di uomini, donne e bambini che non c’entravano affatto con i giochi di potere, le strategie politiche e sociali. Sogni infranti in un istante, in cui l’uomo ha perso la capacità del dialogo e si è trasformato in una “bestia” capace solo di portare morte e distruzione.
Ecco allora l’importanza della memoria contro la dimenticanza e l’oblio. Per non dimenticare è il monito che un popolo si dà non solo per fare memoria della sua tragica storia, ma anche per vigilare con uno sguardo critico e acuto sulle vicende attuali della politica e della vita sociale, che un giorno diventeranno storia e che soltanto l’impegno civile dei cittadini farà in modo che siano pagine di storia felice e positiva.
Ogni bomba, ogni attentato, ogni assassinio collettivo è un crimine contro l’umanità, perché offende con ferocia e crudeltà la dignità stessa dell’uomo per il disprezzo che reca in sé!
Maria Raspatelli