A 88 anni ci lascia Gustavo Selva, giornalista, politico e scrittore. Ex caporedattore del Tg Rai e direttore del giornale di Radio2, è stato anche deputato, senatore e parlamentare europeo. Prima con la Dc, poi con An e Forza Italia.
E’ morto ieri, lunedì 16 marzo, all’età di 88, a dare la notizia i due figli. Si è spento nella sua casa di Terni. Da sempre legato alla città di Treviso (la sua prima moglie era trevigiana), fu giornalista, ex caporedattore del Telegiornale Rai e direttore del giornale radio di Radio2 la cui conduzione gli valse il soprannome di «Selva la belva». È stato deputato, Senatore e parlamentare europeo. Alla Rai fu corrispondente da Bruxelles, da Vienna e da Bonn. Dal 1972 al 1975, rientrato a Roma, è caporedattore del Telegiornale Rai unificato, e conduttore dell’edizione delle 13.30. Dal 1975 al 1981 è direttore del giornale radio Radio2.
Una delle ultime apparizioni pubbliche risaliva al dicembre 2011, quando si presentò a Palazzo Chigi alla conferenza stampa di Mario Monti (amante come lui del loden) per chiedere all’allora premier se non intendesse fare sacrifici sul suo stipendio dopo averli chiesti agli italiani. La stampa parlò del ritorno tra i cronisti di “Radio Belva”, il nomignolo che gli fu affibbiato secondo la vulgata da Luigi Pintor per gli editoriali ferocemente anticomunisti che confezionava da direttore del Giornale Radio2. Gustavo Selva quel soprannome lo adottò volentieri: «sostengo le mie idee – disse – con la forza di una belva che non sbrana, ma azzanna feroce gli argomenti».
Era lontano dalla scena da alcuni anni. Da quando si era trasferito a Terni per vivere con la seconda moglie, una farmacista umbra sposata a 86 anni. Lì si è spento questa mattina, a 88 anni, a seguito di una malattia, lasciando tre figli, dopo averne perso uno nel 2008. L’anticomunismo fu tra i punti fermi della sua carriera politica, iniziata sotto traccia da democristiano e proseguita con ben maggiore visibilità in Alleanza Nazionale, dove conservò i suoi ideali liberali, scontrandosi più volte con i compagni di partito. Soprattutto quelli più vicini alla storia missina, i cui valori mai condivise (nel ’44 fu vittima di un pestaggio dei nazisti a Imola), sostenendo più volte l’opportunità di togliere la fiamma dal simbolo e, anche da capogruppo alla Camera, di voler educare alla democrazia «la gente abituata a gridare nelle piazze».
Il 9 giugno 2007, con il traffico del centro di Roma bloccato a causa della visita del presidente americano Bush, finse di star male e si fece trasportare da un’ambulanza negli studi televisivi de La7 dove lo attendevano per un dibattito. «Solo una piccola bugia… un trucco da vecchio giornalista», ammise in un primo momento, poi spiegò: «Mi ero presto ripreso dal malore e già automedicato (ho tre by pass e sempre una pillola in tasca). Avevo chiesto di condurmi via dall’ospedale San Giacomo. Vollero però riportarmi, con un incredibile atto di ostruzionismo parlamentare, nel luogo da dove ero partito, cioè piazza del Parlamento. Chiesi gentilmente di essere condotto dove sarei dovuto andare. Roma era bloccata dalla visita di Bush, non avevo altro modo».
I funerali si terranno a Roma, ma non è ancora stata decisa la data.
Max Pellicani