E’ un’estate calda, anzi caldissima con la democrazia che traballa sotto le spinte di una parte politica che vede tramontare forse per sempre la luce del suo leader che per vent’anni ha illuminato a giorno successi, fortune, potere di tanti uomini politici, ma anche di spettacolo, che diversamente avrebbero continuato a svolgere le loro professioni.
Il Presidente della Repubblica, da uomo saggio e garante delle Istituzioni aveva forse compreso il bailame che sarebbe scaturito dalla condanna di Silvio Berlusconi e per questo aveva, nei giorni scorsi, chiesto che il clima politico restasse sereno, nel rispetto delle autonomie e della separazione dei poteri dello Stato. Questo per garantire la governabilità al Paese ed evitargli lo sbando.
Ma così, purtroppo, sembrerebbe non essere.
Il centrodestra ovviamente si è schierato compatto a favore di Silvio Berlusconi andando oltre quelle che sono le prerogative democratiche comunemente accettate, gettando benzina sul fuoco delle polemiche. L’attacco diretto ai magistrati e più in generale alla Magistratura, le ipotesi di caduta del Governo Letta, le minacce di guerra civile, il raduno in piazza di tutti i sostenitori del Cavaliere con tanto di “Esercito di Silvio” rappresentano, anzi fanno emergere, un virus della nostra democrazia.
Il reato di frode è qualcosa che va al di là della semplice evasione fiscale. E’ qualcosa di più grave e un condannato in via definitiva non può mandare in onda sulle tv di Stato e su quelle personali monologhi senza contraddittorio col tentativo di modellare l’opinione pubblica. Poiché la legge è uguale per tutti, tutti i condannati per reati più o meno gravi dovrebbero poter usare le TV di Stato per difendersi e attaccare gli accusatori. Ma questo, ovviamente, non solo non è possibile, ma non è previsto da alcun codice di diritto civile e penale. Ci si difende nelle aule dei Tribunali.
Io credo che anche un’ipotetica e non probabile grazia del Presidente della Repubblica, che per ovvie ragioni democratiche non avrebbe alcun interesse a screditare la Magistratura, possa porre rimedio alla situazione che si è venuta a creare.
La sentenza resta, con la sua onta e la sua pena e l’impressione che nulla potrà essere più come prima è molto forte sia fra i sostenitori del Cavaliere, sia fra quelli che non lo sono.
Come si esce da questa empasse democratica?
Certamente non con la paura di una possibile guerra civile, una terribile stupidaggine ventilata da uno degli uomini più vicini al Cavaliere.
Se ne esce voltando pagina. Il Pdl è un grande partito, con milioni di elettori e sarà sicuramente capace di trovare l’alternativa a Berlusconi. E se non vi riesce, darà ragione a chi sostiene che il Popolo della Libertà è un partito azienda del padre-padrone e non un partito moderno ed europeo.
Il Pdl deve voltar pagina perché anche solo pensare che il Presidente della Repubblica possa smentire la Costituzione, delegittimare un potere dello Stato, per riabilitare un personaggio discusso come Berlusconi, significa sprecare risorse ed energie utili per fare davvero gli interessi del Paese.
Il Pdl deve voltar pagina anche perché su Berlusconi incombono altri processi e alimentare un clima di scontro, men che mai civile, significa invilupparsi in un processo di estinzione politica senza precedenti.
Il Pdl avrebbe dovuto voltar pagina non foss’altro che per motivazioni anagrafiche del suo leader: Berlusconi, benché giovanile e in ottima salute, alla soglia dei 78 anni non può garantire una leadership a lungo termine. Certo non è facile sostituirlo, bisognerebbe lavorare sul principio sbagliato che un uomo da solo possa salvare il mondo. E’ un’idea ormai superata quella del “super eroe” che è al di sopra delle leggi di natura e che tutto può. Quasi un essere perfettissimo da cui dipendono le sorti di milioni di persone.
Il Pdl come anche altre coalizioni politiche devono imparare a lavorare sulla coralità delle leaderships, sull’armonia delle idee, sulla forza del fare sistema.
Un partito che punta tutto sul capo “indiscusso e indiscutibile” è vulnerabile, fragile. E’ facile ipotizzare che decadendo la sua leadership, crollerebbe tutta l’impalcatura che lo sostiene.
Un partito espressione del multi-pensiero, della multi-cultura, che sa fare sintesi e progetto, è un partito moderno, efficiente, di lunga durata e di ispirazione europea.
Ma per esserlo deve diventare maturo e i suoi dirigenti, responsabili.
Berlusconi faccia il padre nobile, come giustamente aveva intuito qualche tempo fa. Il suo partito ha vent’anni, è poco più che maggiorenne quindi anagraficamente maturo. E’ necessario a questo punto che il Cavaliere e i suoi accoliti lavorino per creare i presupposti di una maturità nei fatti, per il bene del Paese e al di là delle vicissitudini, che per quanto importanti, restano comunque assolutamente personali.
Le urgenze per l’Italia sono davvero altre!
Antonio Curci – curci@radiomadeinitaly.it