L’Unione europea chiama, la Fornero risponde. La riforma voluta dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali è diventata legge dello Stato proprio alla vigilia del vertice più importante d’Europa. Bruxelless non ha nascosto una certa soddisfazione per l’efficienza e il tempismo con cui la Camera ha licenziato il provvedimento in esame: 447 voti favorevoli, 76 contrari e 27 astenuti. «Un passo chiave per sostenere l’occupazione e creare opportunità di lavoro per i giovani», hanno commentato molti deputati europei che si ritengono, fra l’altro, convinti che questa legge potrebbe ridare la fiducia ai mercati, ancora estremamente cauti sulle possibilità di ripresa dell’economia italiana. Per onore di cronaca, si è registrato un certo mal di pancia fra le fila del Popolo della Libertà che su 209 deputati, 87, fra contrari, assenti e astenuti, non hanno sostenuto il testo al momento della votazione.
Un coro di critiche si è scatenato ai danni della Fornero che, in un’intervista al Wall Street Journal aveva dichiarato: “l lavoro non è un diritto. Bisogna guadagnarselo, anche attraverso il sacrificio”. A seguito delle tante critiche ricevute, il Ministro ha dovuto puntualizzare che “Il diritto al lavoro non è mai stato messo in discussione come non potrebbe essere mai visto quanto affermato dalla nostra Costituzione». La Fornero ha quindi spiegato di aver fatto riferimento «alla tutela del lavoratore nel mercato e non a quella del singolo posto di lavoro”. Intanto il 4 luglio sarà votata la mozione di sfiducia al Ministro, fortemente voluta dalla Lega e dall’IdV che stanno convincendo molti malpancisti del PdL a chiedere le sue dimissioni. Monti non ci sta e difenderà a denti stretti la posizione del responsabile del Dicastero del Welfare.
Il cuore del provvedimento resta, dunque, l’art. 18. Non ci sarà reintegro automatico in caso di licenziamento per motivi economici, si prevede una possibile indennità risarcitoria. Resta nullo, invece, il licenziamento discriminatorio decretato per ragioni di credo politico, fede religiosa o attività sindacale. In caso di licenziamento per ragioni disciplinari (giusta causa o giustificato motivo soggettivo) diminuisce la discrezionalità del giudice nella scelta del reintegro. Tale decisione sarà sottratta alla legge e regolata dai contratti collettivi previsti.
Crea un certo stordimento il voto del centro sinistra a favore della riforma del Lavoro. Chi dovrà comunicarlo e giustificarlo ufficialmente ai tanti compagni che affollano le fabbriche italiane ? Lavoratori sempre più schiacciati dai bassi salari, dalle pensioni prosciugate, da una tassazione asfissiante, problemi ai quali, ora, si aggiunge una riforma del lavoro che va a togliere quelle ultime ed esigue tutele rimaste. L’umiliazione parlamentare dei diritti costituzionali rischia di fornire il giusto concime al terreno dell’antipolitica.
Antonio Curci