È sul presunto incontro tra il sindaco di Bari, Antonio Decaro, e il boss mafioso Massimo Parisi che si è concentrata l’audizione di Giulia Romanazzi, presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Bari, chiamata a riferire nell’ambito dell’inchiesta “Codice Interno”. I fatti sui quali sono stati chiesti chiarimenti sono quelli contenuti nel decreto che ha messo in luce la presenza della criminalità organizzata all’interno dell’organigramma di Amtab, la più grande municipalizzata della regione. Evidenze all’interno dell’azienda che hanno portato alla nomina di Luca D’Amore come amministratore giudiziario dell’azienda di trasporto pubblico in città, Romanazzi ha preferito rispondere a telecamere spente.
Il primo a intervenire è stato il vicepresidente della commissione Mauro D’Attis, deputato di Forza Italia e coordinatore regionale degli azzurri in Puglia. È stato lui a chiedere che fossero offerti maggiori chiarimenti su quanto era stato raccontato dal pentito Nicola De Santis nel corso di un interrogatorio con le forze dell’ordine. Sullo stesso tema ha chiesto approfondimenti Debora Serracchiani, deputata del Pd e componente della commissione. Nel verbale di interrogatorio, si legge: «Per quanto riguarda l’assunzione di Parisi Massimo nell’Amtab, ricordo che questi si era impegnato nelle campagne elettorali di Decaro alla circoscrizione Japigia e Torre a Mare, tra il 2008 e il 2010. Si trattava di elezioni locali e Decaro era all’assessorato ai trasporti. Alla riunione che avvenne nei pressi di un bar nella piazza di Torre a Mare, partecipai anche io e vi erano Decaro, il padre Giovanni, Massimo Parisi e Michele De Tullio. Michele De Tullio disse che dovevamo sostenere Decaro e Parisi sarebbe così stato assunto». Massimo Parisi, poi, fu effettivamente assunto nell’Amtab nel 2011. Prima di lui, nel 2004, era diventato dipendente Tommaso Lovreglio, nipote di Savinuccio e suo braccio destro, e anche il citato Michele De Tullio (indagato in “Codice interno”) lavorava nella municipalizzata.
A inizio commissione poi Romanazzi ha spiegato che, avendo sottoposto l’Amtab di Bari ad amministrazione giudiziaria, il Tribunale ha ritenuto «che ricorresse il presupposto dell’impresa soggiacente» ovvero che «subisce atti di natura estorsiva». Si tratta quindi di una impresa che «non può essere qualificata come criminosa» poiché «l’organo gestionale ha conservato la sua autonomia». Per il Tribunale, ha evidenziato Romanazzi, il responsabile dell’area soste gestito da Amtab nel 2018 «è stato considerato vittima del reato di estorsione dal clan Parisi». «La valutazione – ha detto la magistrata – è stata tecnica, perché colui che subiva l’intimidazione e che quindi era costretto ad assumere lavoratori imparentati con esponenti del clan è stato ritenuto dal gip vittima del reato di estorsione». «Il sistema – ha proseguito – era quello delle assunzioni pilotate. In Amtab lavorava da un certo numero di anni un dipendente», Tommaso Lovreglio, «che è figlio dell’uomo di fiducia del capo clan» Savino Parisi, «la cui mafiosità è stata acclarata; e il responsabile del settore di tutto quello che è sosta nella città di Bari subiva le intimidazioni del dipendente. Le assunzioni quindi erano arbitrarie e illegali».