Minacciato dalla promessa dell’ avvio di un’ azione legale, Fabio Matacchiera, non si è lasciato intimidire.
Matacchiera è un ambientalista tarantino, presidente della Fondazione anitidiossina. E’ soprattutto un cittadino. Salito su un’ imbarcazione e munito di videocamera, ha filmato il 21 giugno una enorme scia giallo-bruno ed oleosa nel mar Grande di Taranto, in corrispondenza degli sbocchi 1 e 2 delle acque di raffreddamento dell’ Ilva. Il video ha girato in rete, contando migliaia di visualizzazioni in poche ore. In un altro video, già all’ attenzione della Procura, Matacchiera con un secchio ha raccolto il materiale depositato sul fondale, mostrando agli occhi increduli degli utenti una melma nero pece. Il 21 giugno è intervenuta anche la capitaneria di porto, interpellando la società Ecotaras, specializzata sull’ inquinamento marino. Il verdetto è stato negativo: non si tratterebbe di idrocarburi, ma sostanze di natura vegetale. L’ allarme il 21 giugno sarebbe partito dalla stessa Ilva.
Matacchiera continua la sua battaglia contro l’ acciaieria che, dal canto suo, annuncia l’ ennesima querela. La documentazione è stata passata alla Digos della Questura di Taranto.
Che il complesso siderurgico più grosso d’ Europa provochi seri danni per la salute dei lavoratori e degli abitanti è ormai risaputo; anche il sito dove sono stati girati i video erano stati già interessati da divieto di pesca e balneazione, per via degli altissimi livelli di inquinamento.
Ma quando una mano con guanto in lattice rende tangibile il disastro che, si cela nell’ aria, ma è ben visibile in acqua a pochi metri di profondità, l’ orrore è collettivo.
Non si sa se questa vicenda avrà conseguenze per i signori Riva. La questione della chiusura dello stabilimento, con le sue ripercussioni su diritti indispensabili come salute e lavoro, è argomento scottante. La speranza è di non trovare un giorno nel capoluogo ionico, al posto del mare, soltanto una macchia scura ed oleosa.
Claudia Morelli