MONDO – In questi giorni si sta consumando un’accesa battle a colpi di pubblicità e sponsor che prende il nome di Adpocalypse(fusione inglese tra ‘apocalisse’ e ‘pubblicità’).
Ad essere nel mirino dei tabloid e delle principali testate giornalistiche inglesi e americane è proprio Youtube, piattaforma web che consente la condivisione e la visualizzazione di video in rete, emblema della new generation digitale.
Il colosso statunitense ha dato anche molto spazio alle pubblicità, permettendo, agli youtubers con più visualizzazioni, ingenti guadagni. Proprio le inserzioni pubblicitarie a inizio video, hanno scatenato l’ira dei tabloid che hanno accusato le grandi multinazionali e gli addetti marketing di inserire i propri spot in video di natura controversa, spesso offensiva.
Il colpo di coda delle agenzie di informazione, che è stato interpretato come un attacco subdolo al web, ha causato il ritiro temporaneo degli spot da Youtube, minando le basi del sito poichè strettamente dipendente dalle pubblicità.
Da un giorno all’altro numerosi youtubers hanno visto calare notevolmente i propri profitti, senza apparenti spiegazioni.
In realtà un motivo c’è ed è da addurre all’introduzione di un nuovo algoritmo che avrebbe cambiato le politiche del canale, catalogando i video caricati in contenuti neutrali o contenuti controversi.
Ciò ha permesso a Youtube di non perdere gli accordi con le note multinazionali che, rassicurate dalla manovra, avrebbero rilanciato i propri spot in video apparentemente politically correct.
Questa storia ha fatto storcere il naso a molti frequentatori assidui del canale, i quali ritengono le inserzioni pubblicitarie completamente slegate dal contenuto del video e più vicine alle preferenze dell’utente, rintracciabili nella cronologia di computer e smartphone.
E’ chiaro, dunque, che molti video satirici o di informazione su temi ”scottanti” (ad esempio l’Isis), siano ritenuti controversi, e perciò non meritevoli di monetizzazione.
Il web è diviso e alcuni canali hanno richiesto un piccolo contributo volontario da parte dei visitatori, riscontrando polemiche e perplessità anche da parte di altri ‘colleghi’.
La questione è aperta e la domande molte, due tra tutte:
Gli youtubers pensano solo ai soldi?
Può un algoritmo valutare qualitativamente i messaggi dei video?