Il gup di Bari, in occasione della sentenza “Libertà”, ha reso noto che il clan mafioso Strisciuglio è riuscito a trasformare le celle carcerarie in veri e propri uffici del potere mafioso. Tramite una serie di aggressioni e di atti intimidatori, gli Strisciuglio avrebbero facilitato la circolazione delle droghe potendo esercitare del potere intimidatorio sui detenuti esterni al clan ma soprattutto all’indirizzo dei poliziotti penitenziari. La detenzione dunque anzichè rappresentare lo smantellamento del potere ha consentito il rafforzamento della ”supremazia criminale e l’auctoritas” nei luoghi dove dovrebbe invece ”imperare la sola supremazia dello Stato”.
L’articolo 27 della Costituzione enuncia che “Le pene (…) devono tendere alla rieducazione del condannato” sancendo il principio della finalità rieducativa della pena. Eppure la volontà del nostro legislatore, che ha privato il carcere dell’esclusività della funzione punitiva, introducendo il carattere rieducativo, sembra purtroppo non essere perseguita.
Gli istituti penitenziari ormai scarni di personale specializzato in grado di perseguire i nobili obiettivi dell’art.27, si rendono invece,troppo spesso, teatro di una palestra delinquenziale dove i boss sono i professori alla ricerca degli adepti più promettenti. Ed ecco che la pena inflitta dalle istituzioni diventa una mera limitazione della libertà fisica che nulla toglie alla libertà operativa dei clan.
Laura Marchesini