Torna il Cinema ritrovato della Cineteca di Bologna. Dopo I 400 colpi di Truffaut, Gioventù bruciata e Tempi Moderni, l’appuntamento con il cinema restaurato è per il 12 gennaio con uno dei capolavori del geniale e portentoso Stanley Kubrick: Barry Lyndon (1975). Il film cult di Stanley Kubrick torna a vivere sul grande schermo, nella versione originale, ancora una volta grazie al lavoro di restauro della Cineteca di Bologna e in Puglia trova casa nel Circuito D’Autore di Apulia Film Commission.
La pellicola sarà in programmazione speciale lunedì 12 gennaio al Nuovo Splendor di Bari (spettacoli h 17.30 e h 20.45), al Metropolis di Mola di Bari (spettacoli h 17.40 e h 21.00), al Db d’Essai di Lecce (spettacoli h 18.00 e h 21.00) e al Bellarmino di Taranto (spettacolo unico h 20.00); giovedì 15 gennaio all’Opera di Barletta (spettacoli h 18.00 e h 21.15) e venerdì 16 all’Osservatorio Garzia di Terlizzi (spettacolo unico h 21.00).
Inoltre eccezionalmente il film sarà in programmazione per un’intera settimana, dal 15 al 21 gennaio, al cinema ABC (spettacoli h 17.30 e h 20.45).
Tratto dal romanzo “Le memorie di Barry Lyndon” di William M. Thackeray (1844), sceneggiato dallo stesso Kubrick e interpretato da Ryan O’Neil, il film ha per protagonista Barry, un giovane di bell’aspetto ma dalle origini modeste. Rifiutato dalla donna che ama, intraprende la carriera militare dopo un duello con l’avversario in amore. Stanco della vita militare, con un espediente entra nell’esercito prussiano, divenendo il beniamino del capitano Potzdorf, ma anche questa volta la fortuna gli volta le spalle.
L’impossibile ascesa dell’avventuriero Redmond Barry, che sposa l’aristocratica Lady Lyndon, “traccia una parabola che conduce al nulla” (Michel Ciment). A Thackeray, grande scrittore inglese in quegli anni Settanta poco ricordato e poco tradotto, Kubrick si avvicina con semplicità e trasparenza: “Amavo la vicenda e i personaggi di Barry Lyndon, e mi parve possibile farne una trasposizione senza distruggerlo”. Inventa per Barry solo un diverso finale, restituendo però a Thackeray la battuta che chiude il film – capolavoro d’ironia tragica che potrebbe funzionare, in fondo, come exergo o nota in calce a tutto il cinema di Kubrick.
Per rendere il film il più realistico possibile, Kubrick curò nei minimi dettagli ogni singolo aspetto, traendo spunto dai più famosi paesaggisti del diciottesimo secolo (periodo in cui è ambientato il film); scene e costumi vennero ricavati da quadri e stampe dell’epoca. Tutti elementi che gli valsero i premi Oscar per la migliore sceneggiatura e per i migliori costumi.
Antonella Lobraico