“Vieni a ballare, compare, nei campi di pomodori, dove la mafia schiavizza i lavoratori e se ti ribelli vai fuori. Rumeni ammassati nei bugigattoli come pelati in barattoli, costretti a subire i ricatti di uomini grandi ma come coriandoli”.
Sono passati quasi 10 anni, da quando Michele Salvemini, in arte Caparezza, lanciò il singolo “Vieni a ballare in Puglia”: un’autentica lettera di amore ed odio verso la sua terra. Proprio sul concetto di ‘odi et amo’ (di catulliana memoria) egli edificò una critica graffiante verso tutte le “tragedie” che ogni giorno si consumano sotto il cielo pugliese. Tra l’inquinamento, gli incendi dolosi e la mafia, non poteva mancare il caporalato.
Come ben si sa, il caporalato è una pratica illegale, volta all’assunzione di manodopera agricola “alla giornata”, con salari incredibilmente bassi ed orari di lavoro al limite della servitù. Lo sfruttamento fa’ leva sul grave e disperato livello di povertà di chi accetta queste condizioni. Non a caso, molto spesso si tratta di extracomunitari che si ritrovano obbligati a duri sforzi fisici, per una paga decisamente inferiore rispetto a quelli del tariffario regolamentare e spesso senza nemmeno il versamento dei contributi previdenziali.
Proprio in questi giorni è stata compiuta un’indagine, da parte dei carabinieri di Brindisi, che ha portato a 4 arresti per un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale di Brindisi, su richiesta della procura. L’accusa è proprio di sfruttamento del lavoro ed intermediazione illecita. D’altronde, è bene dire che tutta l’indagine è stata resa possibile attraverso dei filmati raffiguranti un’azienda agricola del Barese. Si presume, dunque, che i braccianti, provenienti quasi esclusivamente dalle province di Brindisi e di Taranto, siano stati obbligati, con minacce ed offese, ad accettare salari sproporzionati alle prestazioni lavorative richieste.
Il fenomeno del caporalato è ancora troppo diffuso nel Mezzogiorno. Figlia di una tradizione che affonda le sue radici nell’economia fisiocratica-latifondista ottocentesca, questa pratica rimane una tragedia non tanto economica, quanto umana. Questo scenario si arricchisce di un aspetto ancor più tetro, se teniamo in considerazione che avviene nella nostra amata terra. Caparezza voleva lanciare un urlo di rabbia verso questa realtà. Per ora, solo pochi l’hanno saputo ascoltare.