Sono bastati solo quattro minuti di video clip per far parlare di sé. Questo è il grande capolavoro di regia di Hiro Murai nonché di recitazione proposto da Childish Gambino (pseudonimo di Donald Glover). Quattro minuti in cui sono condensati diversi messaggi di carattere sociale. Ecco qui il link del video.
Ciò che emerge da questo brano è comprensibile se posto su più piani di lettura diversi. Da una parte si denuncia lo strapotere del mercato delle armi nel mondo civile americano. Inutile non inquadrare nel discorso le numerose garanzie giunte dalla Casa Bianca e da Donald Trump che escludono l’opzione di rendere illegali le armerie. Netta è, inoltre, la forte critica alle discriminazioni sociali (in quanto radicate nel contesto sociale americano) subite dalle comunità afroamericane.
Glover alterna messaggi e colpi di scena affidando all’immagine un imponente impatto visivo, capace di porre un solco nella mente di chi l’ha visto e, in quel solco, impiantare i contenuti del suo messaggio. L’uomo che spara, in verità, è nero come la comunità aggredita e assediata dal razzismo. L’uomo che spara siamo tutti noi, gente comune che abbandona ogni tipo di specificità, origine, idioma, identità per immergersi nel generico mare della media sociale. Gambino, nel video clip, spegne le danze tipiche della cultura afroamericana sostituendola con la danza della solenne mediocrità. Ma una società che mastica violenza ed, anzi, si erge sulla stessa, spesso rovescia i rapporti di forza. Ed ecco che chi prima spara nella folla, alla fine viene rincorso.
Gambino affida a quei quattro minuti un potere straordinario che, posta la viralità che sta ricevendo, sta volando nei computer di tutto il mondo.