Come suonano cariche d’odio le ultime dichiarazioni del nuovo ministro degli Interni, Matteo Salvini. Un’odio mascherato di bene comune populista ed intriso di xenofobia. Ma infondo siamo avvezzi a tutto questo rancore, non è vero?
Eppure questa mattina il mar Mediterraneo si è svegliato con qualche cadavere in più nel suo ventre. Due naufragi sono avvenuti: uno nell’Egeo, l’altro nell’ampio mare di Tunisia, a pochi chilometri dalle nostre terre. Sono state contate ben 48 vittime, ripescate or ora nei pressi del largo delle isole tunisine di Kerkennah. A farlo sapere è il ministero dell’Interno tunisino nel suo ultimo comunicato sulla tragedia per la quale la procura di Sfax ha aperto ieri un’inchiesta. Mancherebbero all’appello delle vittime ancora decine di persone. Secondo le testimonianze di un superstite, a bordo dell’imbarcazione vi erano almeno 180 persone. Quelle finora tratte in salvo sono 68, delle quali 60 di nazionalità tunisina, 2 marocchini, 1 libico e 5 di altri paesi africani. All’ospedale Habib Bourguiba di Sfax sono iniziate le operazioni di identificazione dei cadaveri.
Ciò nondimeno, quella manciata di chilometri che dividono i nostri tetti da queste tragedie sembrano centuplicare alle dichiarazioni di Salvini. Ma quale pacchia? Quella che contraddistingueva la vita di Sacko Soumalya, freddato in una calda serata di giugno, mentre cercava ferraglie in un vecchio stabilimento industriale ormai caduto in disuso? Aveva 29 anni, viveva ormai stabilmente ed in piena regola a Vibo Valentia e cercava oggetti utili per costruirsi un tetto. Ed invece è stato oggetto di colpi di pistola, come un bersaglio: facile preda di una “guerra tra poveri”, come efficacemente ha affermato qualche politico.
Agghiacciante è, però, il silenzio di Salvini a tutto questo. Nella logica pseudo nazional populista, che fa dell’inegrità del corpo civico due pesi e due misure, a seconda che tu sia italiano o no, tutto questo produce solo uno sbiadito e vorace silenzio.