L’edilizia in Italia muove un mercato con milioni di addetti. Dall’inizio della crisi si sono perse centinaia di migliaia di professionalita’ mentre in Italia lo stato della edilizia civile, trasporti, scolastica, beni culturali va allo sfascio. Si reiterano interventi insufficienti quali detrazioni d’imposta e incentivi vari mentre il settore annaspa in un groviglio normativo che praticamente ha soffocato l’arte artigiana del costruire e manutenere, a favore di realta’ medio grandi che sovente si rivelano scatole cinesi e catalizzatori del subappaltori spesso esteri e a basso costo. Le normative sulla sicurezza dei cantieri, passate in pochi anni da troppo generiche a eccessivamente asfissianti, assumono sempre piu’ il valore di extratassazione e gabellame, piu’ che adempiere ad una funzione di prevenzione sociale, nella quale sia preminente la formazione piu’ che la sanzione.
Per essere più precisi, Sono 690 mila i posti di lavoro persi nella filiera delle costruzioni, dall’inizio della crisil; Lo ha detto il presidente dell’Ance Paolo Buzzetti all’assemblea annuale dei costruttori: «Si stima», ha aggiunto, «che 50 mila – 80 mila persone, ora in Cig, potrebbero non essere reintegrate».
Seicentonovantamila persone che ogni mattina non vanno a lavoro, di per sé, significano da soli – con una media di consumo di circa 4 litri pro-capite per andare e venire dal luogo di lavoro- circa 2.800.000 litri di carburante in meno – ogni giorno – cioè all’incirca 1.400.000 euro al giorno di tasse (odiose, considerando anche la guerra d’Abissinia, ma pur sempre introiti in questo momento di “fame di liquidita”).
In un anno, dal solo carburante non speso da questa fiumana di operatori che non lavorano si ottiene una perdita secca di 280 milioni di euro.
Se a questo si aggiungono i contributi per il salario da cassa integrazione, le cifre si moltiplicano esponenzialmente: 80 mila persone che percepiscono anche solo 800 euro al mese fanno, in un anno, 750 milioni di euro di esborso dall’erario.
Abbiamo raggiunto un miliardo di euro, 1/2000 del debito nazionale, soltanto considerando i costi di gente che non va a lavorare.
Se a questo si aggiungono, in media, mancati acquisti dovuti alla contrazione del reddito, si ottengono almeno 840 milioni di euro di mancati introiti all’erario tra IVA e altro.
Se a questo si aggiungono, in media, mancati versamenti IRPEF IRAP ecc. da parte dei commercianti che non vendono più ai muratori che non comprano, si raggiungono facilmente altri 2,2 miliardi di mancati introiti all’erario.
Se a questo si aggiungono i mancati versamenti IRPEF e IRAP da parte delle imprese in sinergia col mercato delle costruzioni (aziende produttrici di materiali per edilizia) beh, è facile arrivare ad ipotizzare una perdita secca di 8-10 miliardi all’anno.
1/200 del debito nazionale.
Si potrebbe continuare ragionando sull’indotto, sull’industria cioè che “gravita” intorno al sistema edilizio (infissi e materiali ferrosi, materiali elettrici, materiale idrosanitario, lapidei, energia ecc.) o che comunque raccoglie dalla capacità di spesa degli addetti linfa vitale che fa da sua volta da volano ad altri settori: primo tra tutti casa, poi automobilistico, motociclistico, turistico, editoriale e del tempo libero.
Qualche lettore che voglia azzardarsi in calcoli potrà facilmente arrivare alla cifra che fluttua tra i 50 e i 60 miliardi annui, pessimisticamente parlando.
1/40 del debito nazionale.
Questo vuol dire che in Italia, anche solo basando l’economia sul solo settore edilizio e sul suo indotto, con altri piccoli accorgimenti in 40 anni si potrebbero rendere i nostri figli sollevati dal debito pubblico che ci sovrasta, soffocandoci.
Su questo dato, certamente, occorre ormai secondo molti che chi di dovere rifletta in maniera approfondita, al fine di studiare soluzioni compatibili con un sistema trainante oggi sobissato di complicanze di carattere tecnico-amministrativo e, non ultimo, con la spada di Damocle di un sistema di prevenzione che ormai si è allontanato dalla sua definizione per avvicinarsi ad un mero strumento di riscossione – coatta – che grava su quelle poche teste – capitani coraggiosi – che in Italia credono ancora nell’edilizia come fautrice dei primi beni concreti, fisici, che nell’edilizia classica da sempre sono strumento di risparmio e di crescita per una intera Nazione.
Roberto Loporcaro
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