Una vera noia i sondaggi specie quando disquisiscono su percentuali quasi sempre approssimative senza tenere conto di realtà come le nostre università diventate vere e proprie laureifici e quindi destinate ad essere ridimensionate per carenza iscrizioni.
Generalmente i giovani che si iscrivono alle nostre università, arretrate ancora oggi nell’adeguamento informatico, non raggiungono la laurea nei tempi giusti previsti se non in una deludente percentuale.
Per avere una esatta cognizione dello stato della grossa massa di studenti che frequentano le facoltà occorre vivere una giornata con loro; sentire delle loro speranze di inserimento nel mondo del lavoro, perché l’obiettivo legittimo di tanti giovani è proprio quel lavoro che è diventato difficile da ottenere.
I concorsi ormai sono una rarità,e spesso sono le agenzie interinali che provvedono per chiamata diretta e frequentemente su segnalazione.
A che serve allora la laurea se dopo tanti anni non ti consente di raggiungere un obiettivo prefissato? Forse è meglio un buon mestiere adeguato ai tempi delle moderne tecnologie? A meno che come accade per certe categorie professionali non ci sia la prospettiva di lavorare con i propri genitori o parenti in studi professionali che ti garantiscano un futuro.
L’altra faccia della verità che non viene mai menzionata è lo sfruttamento dei giovani laureati che lavorano presso gli studi professionali di liberi professionisti senza essere pagati perché questo è il sistema in atto, noto a tutti, ma mai perseguito da alcuna autorità.
Ci siamo recati presso uno di questi ordini e dopo aver esposto una situazione di lavoro non pagato e di proposte di lavoro indecenti, ci è stato risposto che gli ordini professionali non hanno poteri sindacali.
Allora la riflessione da fare è semplice:forse è meglio imparare un buon mestiere che rende economicamente di più e ti evita le umiliazioni della servitù dopo tanti anni di studi.
Patrizia Marengo