È incredibile come certa gente si arrenda subito. Non sono perdenti, sono quelli che non ci provano nemmeno. E questo li rende protagonisti di qualcosa che è molto peggio di qualunque sconfitta.
ITALIA – Giorgio Faletti non si è arreso, ha cercato di non farlo il 4 luglio 2014 quando è stato ricoverato all’ospedale Molinette di Torino.
Non è mai stato un perdente Giorgio, nemmeno quando ha capito che non ce l’avrebbe fatta.
Si è spento così sotto lo sguardo impietrito della moglie Roberta e dei suoi cari; si era recato anche negli Stati Uniti per vagliare nuove terapie, ma nulla ha potuto contro il tumore ai polmoni che lo accompagnava da diversi anni.
Una vita d’arte e musica, con lui scompare un uomo eclettico e culturalmente versatile.
Nato ad Asti il 25 novembre del 1950, muove i primi passi nel cabaret cult della comicità senza rete, faccia a faccia con il pubblico: il Derby di Milano. Sono gli anni Settanta, quelli formidabili per il cabaret e in particolare per quel palcoscenico milanese, dove in quelle stagioni si avvicendano giovani anticonformisti dell’intrattenimento come Diego Abatantuono, Teo Teocoli, Massimo Boldi, Paolo Rossi, Francesco Salvi.
Ma Giorgio non si accontenta e sceglie di diventare altri mille sé avvicinandosi alla recitazione, alla musica, alla scrittura e persino alla pittura.
Ben presto diventerà l’undicesimo uomo in ambito musicale: senza di lui Mina avrebbe avuto una ”Compagna di viaggio” in meno, Gigliola Cinquetti un “Giovane e vecchio cuore” perso chissà dove e il signor Tenente un trattamento decisamente migliore
Probabilmente alla maturità di Luca Molinari sarebbe capitato Leopardi e sarebbe persino riuscito a sposare Claudia.
È impossibile sapere cosa ci avrebbe riservato uno come Giorgio, possiamo solo augurarci che stia vivendo l’altra vita nei suoi romanzi.