L’ossessivo sistema tributario italiano prevede che i contribuenti, persone fisiche e non, debbono versare oltre al saldo delle imposte dovute per l’anno precedente, anche due rate di acconto per l’anno d’imposta in corso pari al 96% delle imposte dovute per l’anno precedente. La prima rata di acconto viene versata con il saldo dell’anno precedente mentre la seconda rata viene obbligatoriamente versata il 30 novembre. Tale disposizione normativa e non legislativa si rende utile per fare confluire nel Bilancio dello Stato, fra le entrate tributarie,anche gli acconti d’imposta al fine di evidenziare un maggiore importo da incassare.
Il meccanismo degli importi fa si che vengano appesantiti gli importi dovuti dai contribuenti soprattutto nel caso il reddito in un determinato anno sia di gran lunga superiore a quello dell’anno precedente facendo così lievitare sia gli importi dovuti a saldo che sono rateizzabili che i relativi acconti non rateizzabili da pagare in un’unica soluzione. Se si considera poi che qualora il contribuente dovesse subire nell’anno successivo un decremento del reddito,si troverebbe ad aver versato importi per acconti, maggiori rispetto al saldo calcolato e potrebbe addirittura vantare un credito nei confronti dell’Erario. Questo credito verrebbe successivamente rimborsato al contribuente, previa richiesta in dichiarazione dei redditi, non prima dei due anni successivi alla maturazione dell’importo. Come si può evidenziare, vi sarebbero gli estremi del prelievo forzoso inopportuno, e la istigazione al ricorso al prestito usuraio nel caso in cui al contribuente non venisse consentita una equa rateizzazione visto che vi è un totale disallineamento tra i diritti del contribuente (rimborso del credito) e i diritti della Pubblica Amministrazione (riscossione anticipata delle imposte). Inoltre il contribuente è costretto, nel caso ne avesse possibilità materiale,a privarsi di liquidità per fare fronte all’impegno tributario anticipato che invece potrebbe essere investita o nel miglioramento e/o potenziamento delle attività imprenditoriali o addirittura consumata in beni e servizi per il soddisfacimento dei singoli bisogni.
In un momento di così grave crisi economica come quello che stiamo vivendo e nel rispetto della equità e giustizia fiscale, sarebbe opportuno concentrare gli sforzi di tutti verso la ripresa economica che sarebbe possibile solo concedendo ai contribuenti di eliminare o ridurre notevolmente la pressione fiscale data dal versamento degli acconti.
Si potrebbe mettere da parte momentaneamente l’esigenza di evidenziare le maggiori entrate tributarie nel Bilancio dello Stato consentendo ai contribuenti italiani di poter effettuare solo il calcolo delle imposte dovute a saldo per l’anno d’imposta precedente senza dover fare previsioni spesso inesatte sulle imposte dovute per l’anno in corso. Così facendo si andrebbe a colpire il contribuente sul reddito effettivamente prodotto con la possibilità di rateizzare l’importo totale del carico tributario dovuto e vi sarebbe così più ricchezza da spendere per far girare l’economia.
Mi auguro che la politica, spesso sorda alle necessità degli italiani, dimostri razionalità, ne senso che quello che si pretende è un fisco equo e umano perché pagare le tasse è doveroso, ma pretendere i servizi che invece non si ricevono, sarebbe anche un diritto previsto dalla nostra Costituzione.
Lucio Marengo- laltraverita@libero.it