L’”Osservatorio dell’Emigrazione e dell’Immigrazione degli Italiani nel mondo”, in essere presso il giornale internazionale Corrierepl.it, da molti anni sta facendo sentire la sua viva e qualificata presenza in Italia, in Europa e nel Mondo con articoli, studi, dibattiti e confronto di opinioni e di idee.
E’ questo un “dialogo aperto” fra persone libere e dotate di capacità critiche, che procede dialetticamente, senza pregiudizi, con il solo scopo di chiarire le complesse problematiche relative alla emigrazione e all’immigrazione.
Da molto tempo che i Paesi europei (Italia, Francia, Germania, Inghilterra ecc.) accolgono stranieri di ogni razza, cultura e religione. Tantissimi di loro si sono integrati, nelle società ospitanti, con maggiore o minore difficoltà, impegnandosi anche in lavori umili. Pochi stranieri sono rimasti isolati, ma la maggior parte si sono uniti ai connazionali, vivendo molto vicini nei rioni delle stesse città ospitanti, per continuare a tenere vive e ad alimentare le stesse tradizioni e abitudini culturali dei paesi di origine. Molte sono state le famiglie “trapiantate” che hanno generato bambini frequentanti le scuole e le altre istituzioni pubbliche aperte ai cittadini senza manifestare alcun complesso di inferiorità o di discriminazione.
Dal punto di vista pedagogico, sul quale intendo soffermarmi, in questa breve nota, con soddisfazione riconosco che, in virtù dei problemi dell’immigrazione e dell’emigrazione, sono state aperte nuove frontiere di ricerca nel campo pedagogico, che hanno prodotto fondate e valide pubblicazioni con risultati illuminanti che, oltre a creare nuovi settori scientifici come la “Pedagogia comparata” e la “Pedagogia interculturale”, hanno contribuito ad arricchire la stessa “Pedagogia tradizionale” e le “Scienze dell’Educazione”,che,a loro volta, sono state arricchite, in questi ultimi decenni, sia a livello teorico che operativo.
Pertanto, si può rilevare che la frequenza delle scuole di ogni ordine e grado e dell’Università è diventata ultimamente più “colorata” e più “diversificata” in virtù degli stranieri integrati nelle scuole.
Ci chiediamo, a questo punto, aprendo un franco dialogo con i lettori del giornale, perché diversi stranieri, nati o venuti da giovani in Italia, che hanno anche frequentato le nostre scuole, hanno poi aderito all’ISIS e sono diventati Jihadisti, facendosi influenzare dagli estremisti fanatici e sanguinari?
Sappiamo bene quanto sia difficile, ma non impossibile, intervenire sulla formazione degli adulti, legati alla cultura tradizionale dei loro Paesi di origine per i quali occorrerebbero metodi educativi speciali ed interventi pedagogici mirati. Molto più facile dovrebbe essere mettere a punto, nelle scuole, programmazioni metodologiche e didattiche adeguate ai “bisogni educativi specifici” dei bambini, fanciulli, preadolescenti e giovani. Ma questi “interventi differenziati” sono veramente efficaci? Quali risultati effettivi ottengono sul piano della integrazione? Riescono a promuovere, pur riconoscendo l’importanza della cultura degli stranieri, la valorizzazione critica della cultura e della civiltà del Paese ospitante? Gli educatori e gli insegnanti sono preparati a questo nuovo impegno formativo molto complesso e delicato?
La redazione