Il film del 2007 “Into the wild” si presenta come la quarta e più gratificante regia cinematografica dell’attore californiano Sean Penn. Basato sull’omonimo romanzo di Jon Krakauer iniziò a prender vita quando verso la fine degli anni Novanta il regista Penn scoprendone il libro, si appassionò alla storia del protagonista Chris McCandless a talpunto da mobilitarsi affinchè la famiglia ne concedesse i diritti in un primo momento negati.
Candidato a numerosi premi questa pellicola è stata più volte lodata dalla critica poiché specchio di una maturità maggiore rispetto ai precedenti film dello stesso attore-regista.
Attraverso l’utilizzo di un linguaggio teso a fare breccia sull’emotività dello spettatore e fotografie immerse in uno scenario di natura armoniosa, viene rievocata quella che fu l’esperienza del giovane Chris, un vero eroe protagonista.
Il personaggio intraprende un viaggio alla volta del selvaggio e come unico e più bramato desiderio c’è quello di poter un giorno raggiungere l’Alaska e vivere la sua esperienza di vita lì, in uno spazio illimitato, solo con i propri mezzi, propri tempi e autonomia. Viene narrata nient’altro che la libertà estrema di un viaggiatore esteta che ha per casa la strada. Dopo due anni di cammino giunge a maturazione l’ultima idea, la battaglia più grande per poter raggiungere la rivoluzione spirituale: l’Alaska. Per non essere più avvelenato dalla civiltà corrotta e opprimente entro cui si sente imprigionato, dette un taglio, e lo fece in maniera radicale. Fugge, cammina solo nel suo viaggio per poi perdersi in questa nuova arcadia tra uomo e natura. Sono le regole, le false sicurezze, il consumismo, ma soprattutto l’omicidio quotidiano della verità che lo condurranno ad un punto di estrema rottura. La sua è una ricerca spasmodica della verità per sopperire ad un’infanzia di finzioni. Non è ribellione né rabbia a guidarlo, ma un’urgenza interiore.
Chi lo amava, profondamente e incondizionatamente, parlava di lui come di una persona capace di misurare se stesso e coloro che lo circondavano secondo un rigido codice morale, rischiando di incamminarsi in un sentiero carico di solitudine. Tuttavia trovava compagnia nei personaggi dei libri che amava trovando una citazione per qualsiasi cosa.
Importanti saranno anche gli incontri che caratterizzeranno questa sua esperienza poiché potranno con maggior chiarezza scandire le varie fasi del percorso di maturità che lui cerca. Allo stesso modo, del tutto significativa sarà la frase che lui, al termine di tutto, riporterà come riflessione sul proprio diario: “La felicità è reale solo quando è condivisa”. E’ il momento più saggio di questo lungo cammino, l’istante in cui il protagonista si pente delle proprie scelte e comprende che l’uomo non può mai solo bastare a se stesso, essere autosufficiente, ma anche nella ricerca della propria dimensione, si ha il bisogno di un compagno di viaggio.
Alessandra Lovecchio