Potere dei numeri e delle storia che, beffardamente per gli altri, si ripete.
Il 5 maggio del 2002 successe forse qualcosa di difficilmente ripetibile.
Un’Inter ormai pressoché con lo scudetto cucito sulle maglie, perse inopinatamente con una Lazio tranquilla e sorniona, lasciando alla Juve, vincente ad Udine, uno scudetto che difficilmente i tifosi bianconeri smetteranno di dimenticare e che infatti ieri, in un tripudio di festeggiamenti hanno ben menzionato con sfottò e striscioni.
Ad undici anni di distanza, la storia regala all’immenso popolo bianconero, il piacere di riassaporare il gusto della vittoria in una giornata particolare. La Juventus è campione d’Italia per la seconda volta in due anni di gestione Conte.
Ma questo secondo titolo consecutivo, a differenza del primo, sembra avere un sapore diverso.
Non per sminuire la vittoria della squadra, anzi, ma è come se sin dall’inizio fosse dato per scontato, non solo da parte degli uomini della società tutta, ma anche da parte degli avversari.
Sin dalle prime giornate la squadra bianconera ha subito messo le cose in chiaro, continuando sul solco di vittorie dello scorso anno. Sempre in testa, con gli avversari che o arrancavano o perdevano partite importanti per tentare l’aggancio.
Insomma un dominio pressoché incontrastato ed assoluto, nonostante, ancora una volta, la giustizia sportiva, si fosse messa di traverso, obbligando il tecnico juventino ad osservare e teleguidare la squadra relegato in un box.
Ma la tempra di Conte unita ad una mentalità vincente, patrimonio del dna juventino, hanno fatto il resto.
Quest’anno, a differenza dell’anno scorso, la squadra ha eliminato la “pareggite” per conquistare, una dopo l’altra, vittorie e punti preziosissimi su tutti i campi, anche a costo di qualche sconfitta poi rivelatasi indolore.
Come quella ottenuta con l’Inter, forse decisiva per far scattare quella molla fatta di rivalsa e voglia di riprendere il cammino interrotto. Fino alla vittoria, a mio parere decisiva per un secondo scudetto, in casa con il Catania, voluta ed ottenuta con un gol allo scadere di uno dei giocatori più cari a Conte, Giaccherini.
In questo cammino di vittorie rimane come unico rimpianto di una stagione esaltante, la Champions.
Ma poi non più di tanto, tenuto conto che la squadra non era costruita per affrontare team ben più preparati a tale competizione e che comunque, a volerla dire tutta, ha ben figurato eliminando un certo Chelsea, oggi finalista di Europa League.
Onore dunque alla Juventus, alla squadra, alla società, al suo giovane presidente che ben incarna lo spirito vincente della squadra campione d’Italia, che lo vogliate o no, per la trentunesima volta.
Andrea Alessandrino