La mafia sociale
di Domenico Seccia
Prefazione a cura di Raffaele Cantone
edizioni la meridiana
La propagazione della mafia a Foggia poteva essere evitata, se si fosse compresa la catena che la alimentava: il disagio giovanile, la disoccupazione sociale, la nullifica vivibilità di una città condannata al centosettantesimo posto nella graduatoria nazionale della vivibilità. È questo uno dei primi errori della lotta alla mafia costituita da un arcipelago, di cui si ignorano le isole che lo compongono.
Ma l’errore più grave è stato non considerare le guerre di mafia dell’ultimo decennio come un blocco unico. L’azione in un luogo ha sempre ripercussioni altrove.
Con questo libro il Procuratore di Lucera Domenico Seccia completa la geografia della mafia del Nord della Puglia, già iniziata nel precedente libro.
La mafia sociale (edizioni la meridiana, collana passaggi, pp. 192, Euro 16,50) è il racconto della mafia di Foggia conosciuta come ‘La Società’, quella di Peschici, di Rodi e quella di Lucera. I fatti, le sentenze, le indagini, le storie. Gli uomini e le donne, le famiglie. I destini segnati.
Questo libro, come il precedente La mafia innominabile, rompe nuovamente un tabù. Nomina la mafia di quelle terre per quello che esattamente è: una mafia sociale perché è trasversale ai ceti che assoggetta, risponde alle esigenze sociali delle comunità e ha vinto l’indignazione sociale.
C’è un perché con un punto di domanda ad attanagliare l’autore, è un perché che introduce l’argomentazione della risposta che, se si mette mano alla mafia di quelle terre, ci si fa: perché nessuno parla della mafia di Capitanata? «Perché – come scrive il Procuratore Seccia nel suo libro – qui non vi è stata alcuna rivoluzione dei lenzuoli. Qui si continua a dire che non vi è alcuna infiltrazione mafiosa. Tutti dicono ‘qui’ e non ‘da noi’, e forse anche questo vuol dire qualcosa. La mafia rende tutto cenere. Se soffi sulla cenere non c’è nulla in essa che opponga resistenza per non volarsene via. Rendere cenere ogni cosa è la sua forza. Dove vi è cenere non vi è più nulla. Non c’è Stato. Non c’è sviluppo. Tutto è così come è. Immutabile».
In questo prezioso volume Domenico Seccia racconta – citando sentenze giudiziarie, stralci di interrogatori, lettere dei boss dal carcere, intercettazioni – le modalità con cui le principali famiglie della ‘Società’ foggiana (Moretti, Giannella, Tedesco) hanno costruito il loro predominio criminale.
C’è anche il racconto del pentito Antonio Catalano della “lista”, lo «scettro del comando del clan più potente», il collettore economico della mafia foggiana, causa della morte efferata di quanti hanno provato ad impossessarsene imponendo la loro leadership criminale. Sono riportate le storie di quanti sono stati oggetto di atroci omicidi per la loro vicinanza agli ambienti mafiosi, ma anche quelle di chi non ha voluto piegarsi alla logica del sopruso ed è stato costretto a doverne fare comunque i conti.
Sullo sfondo incombe la chiusura dell’ufficio giudiziario di Lucera, soppresso nel piano della nuova legge-delega. Eppure questo Tribunale ha inferto negli ultimi anni un duro colpo alla criminalità organizzata presente in questi territori, rendendo tangibile l’esistenza di questa mafia a lungo taciuta. E la scomparsa di questo Tribunale significa cedere un avamposto di legalità e perdere il territorio. Sentenzia Seccia: «Non si combatte un potere criminale diffuso con un’organizzazione distante da esso, dal suo territorio, dalla terra, con il rischio ulteriore di saldare la mafia garganica con quella foggiana in maniera indissolubile». Un campanello d’allarme assordante ma in gran parte inascoltato.
Il libro contiene la prefazione del magistrato Raffaele Cantone, neo eletto componente della task force per l’elaborazione di proposte in tema di lotta alla criminalità organizzata voluta dal premier Letta.
Domenico Seccia (Barletta, 1959) è stato sostituto procuratore a Bari, dove nel 2003 è entrato a far parte della Direzione distrettuale antimafia. Attualmente ricopre l’incarico di Procuratore della Repubblica di Lucera. È autore di numerosi articoli, saggi su argomenti giuridici apparsi su riviste specializzate, e di alcune monografie in tema di diritto penale dell’economia. Con la meridiana ha pubblicato La mafia innominabile (2011).
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