Nicholas Caporusso oggi ha 31 anni. Ma ne aveva solo 23 quando ha inventato il dispositivo DB-Hand, oggetto della sua tesi di laurea triennale in Informatica a Bari, un sistema per la comunicazione e l’interazione per persone sordocieche. Si tratta di una periferica per computer che sfrutta il linguaggio Malossi per interagire col computer e permettere a chi si trova in una posizione di svantaggio, ed è impossibilitato ad usare i sensi della vista e dell’udito, di comunicare con gli altri e col mondo esterno.
I sordo ciechi, seppure è fortunatamente limitato il numero di coloro che sono affetti da questa duplice carenza sensoriale, possono usare solo il tatto per interagire con altre persone e imparano il linguaggio Braille oppure il linguaggio Malossi, inventato dall’omonimo studioso agli inizi del 1900.
Nicholas Caporusso, classe ’81, termina il liceo classico e si ritrova davanti ad un importante bivio: da una parte un lavoro stabile, a tempo indeterminato e la prospettiva di una pensione sicura nella prima anzianità; dall’altra un mondo che lo affascina e lo attrae: quello dell’informatica. Nicholas si butta e rischia tutto: nel 2000 si iscrive alla facoltà di Informatica a Bari e termina brillantemente il corso di studi triennale con una votazione pari a 110, con lode e plauso della commissione. Questa è solo il primo dei traguardi del giovanissimo Caporusso. Nel 2007 consegue la laurea specialistica in Informatica con tesi su “Feedback multimodale per sistemi portatili di interfaccia cervello-computer”, anche questa ottenuta col massimo dei voti. Come già detto, nel 2004, Nicholas ha inventato la DB-Hand.
Questa periferica altro non è, che un guanto realizzato con materiale a bassissimo impatto economico che grazie a dei sensori e degli attuatori, permette una comunicazione bidirezionale: il computer elabora un messaggio che viene “inviato” alla DB-Hand e si traduce in piccole pressioni o vibrazioni realizzate dai sensori, in determinate zone del palmo della mano della persona sordo cieca, in corrispondenza dei caratteri linguistici dell’alfabeto Malossi. A sua volta la persona sordo cieca può premere le zone della mano, su cui sono posizionati i sensori ed inviare un messaggio al computer.
Il progetto è stato premiato e finanziato dall’attività “Principi Attivi” del progetto “Bollenti Spiriti, Giovani Idee per una Puglia migliore” e ha ottenuto un riconoscimento anche dall’Associazione Italiano per il Calcolo Automatico (A.I.C.A.) nel 2008.
Questo progetto ha avuto una grandissima importanza di particolare interesse sociale: ha permesso agli individui sordo ciechi di uscire dall’isolamento informativo e relazionale che li estraniava da una società che non riusciva a mettersi in contatto con loro. Oggi, grazie al guanto inventato da Nicholas Caporusso, una persona sordo cieca, o comunque in situazione di svantaggio, può comunicare anche con persone che non conoscono l’alfabeto Malossi. Oltre allo straordinario lavoro informatico, colpisce anche l’intento umano, sociale ed empatico verso una problematica relazionale molto spesso ignorata o sottovalutata.
I costi di realizzazione del guanto per sordo ciechi sono pari ad un quindicesimo dei costi per le normali apparecchiature ad oggi in circolazione che agevolano la comunicazione tra persone con carenze uditive e visive.
Ho avuto il piacere di incontrare Nicholas ad un incontro in una scuola superiore finalizzato ad agevolare l’orientamento nel mondo del lavoro e dell’università dei ragazzi in procinto di diplomarsi, organizzato da un’associazione di Cittadinanza Attiva, dal nome “Anche Noi”. Nicholas non è solo quello che noi chiamiamo un “ragazzo sveglio”, è molto di più. Durante l’incontro invoglia e consiglia i giovani a non abbandonare la musica, le proprie passioni, qualunque esse siano, a guidare la propria canoa.
Lo fa in modo semplice e divertente e, alla fine, i ragazzi sono ammirati. Nel corso della sua vita, Nicholas si è sfidato molto. E ha sempre vinto. Ha lavorato a Singapore, è stato in America dove, per inciso, il suo progetto è stato valutato per un milione di dollari.
Esistono ancora, dunque, queste entità mitologiche, ormai quasi astratte, che noi chiamiamo “eccellenze”. Esiste chi ha ancora il coraggio di mettersi in gioco, di scoprirsi, di rischiare e di impegnarsi nella realizzazione dei propri sogni. Allora è vero, “la mente che sogna è reale.”
Chiara De Gennaro