In un interessante intervista di Lucio Marengo con il consigliere regionale Surico , oncologo, si è parlato di mobilità passiva in Puglia. Tale concetto poco noto ai più riguarda il fenomeno dell’emigrazione dei cittadini pugliesi verso Regioni dove vi è una migliore assistenza sanitaria. Ciò costa alla regione Puglia centosettantatremilioni di euro annui. Di queste scelte quasi forzate sosteneva il consigliere , cioè del cittadino costretto a trasferirsi lontano per curarsi, la causa risiede nei percorsi diagnostici e terapeutici non organizzati come avviene nelle regioni come Veneto, Lombardia , Toscana ed Emilia-Romagna. Se un malato con tumore da solo deve prima fare la visita, poi trovare il chirurgo che lo operi, quindi chi gli somministri la chenio o radioterapia, si comprende a quale odissea vada incontro. Diversamente nelle Regioni suddette accade che questo iter è affidato all’organizzazione dell’ospedale che prende in carico il malato. Queste prestazioni sono però a carico della Regione Puglia.
Aggiungerei ,ahimè, la carenza di personale medico con spiccate doti professionali. Sino a qualche decennio fa , ad es., la scuola chirurgica pugliese era tra le prime a livello europeo. O così p.es. quella ortopedica che vedeva, per la presenza di illustri luminari, l’avanguardia in tecniche chirurgiche o meglio ancora l’invenzione di nuovi presidi protesici o strumentali, dando celebrità a livello mondiale della scuola barese. Per colpe che risiedono quindi nella Facoltà di Medicina di Bari si sono insediati agli apici della docenza figli di o si sono collocati non i migliori. La stessa Università lamenta un deficit di docenti dai quattrocentocinquanta a duecento in meno.
Rimane l’utente solo che si reca a Milano o a Bologna ecc. che deve sostenere spese di soggiorno. Chi può s’intende si reca lì, gli altri si arrangino. I poveri e i benestanti sempre più distanti anche di fronte al bene salute.
Surico scaricava le responsabilità su Vendola, dimenticando che Fitto inaugurò la politica dei tagli indiscriminati, non aprì l’oncologico a Bari, politica ripresa dal suo successore che all’atto della sua elezione promise ben altro. Sia Vendola che Fitto promisero il potenziamento delle strutture di eccellenza, cosa non avvenuta, l’apertura di strutture territoriali per la cura dei tumori, l’organizzazione dei percorsi virtuosi per diagnosi e cura. Tutti impegni disattesi.
L’assunzione di personale risolverà il problema. No. Si dovrà tornare all’antico: far venire da fuori i migliori docenti, imponendolo all’Università anche pena la sospensione dei contributi, smetterla con il familismo, fare insomma una politica seria di promozione dei meriti sempre annunciata, mai iniziata.
Renzo Bassi