La morte improvvisa del giovane calciatore dovuta, a quanto si pensa, ad arresto cardiaco ci lascia, ancora una volta perplessi e sgomenti. In attesa che l’autopsia chiarisca la dinamica dell’evento, considerata la frequenza di questa evenienza infausta anche nelle età più giovanili, a cominciare dal lattante, ci sembra opportuno sviluppare delle considerazioni generali che possono essere di grande utilità ed interesse per la prevenzione di conseguenze cardiovascolari anche fatali. L’attività fisica è universalmente considerata, insieme alla corretta nutrizione, uno dei pilastri fondamentali di un corretto stile di vita. Il lavoro muscolare, infatti, è strettamente collegato dal punto di vista energetico all’utilizzazione del glucosio ed è in stretto collegamento con la produzione di un ormone del pancreas, l’insulina , che favorisce la captazione e l’utilizzazione di tale ” zucchero” da parte delle cellule muscolari. La scarsa attività muscolare, di conseguenza, riduce la capacità delle cellule muscolari di rispondere all’insulina per captare il glucosio e può instaurarsi una sindrome detta di “insulinoresistenza” cui facilmente si associano una obesità androide ( la cosiddetta “pancetta”-adipe in regione gastro-addominale ), una variazione anche modesta in aumento della pressione arteriosa ed un aumento del colesterolo ( totale o LDL ) e dei trigliceridi ( i cosiddetti grassi del sangue). Quando questo quadro è completo si parla anche di “Sindrome plurimetabolica”). E’ questa una situazione di rischio cardiovascolare, potendo nel tempo condurre ad aterosclerosi ( con alterazione dei vasi arteriosi), ad attacchi di angina pectoris e di infarto, al diabete. Essendo un fattore di rischio può , con attenti accorgimenti di ordine medico e sotto il controllo medico esclusivo, essere ridimensionato e finanche annullato. Insieme alla corretta alimentazione prevista e prescritta caso per caso dopo un attento esame clinico e strumentale va consigliata- e’ un vero atto terapeutico- l’attività fisica: è questo uno dei veri e propri punti dolenti, lasciati ed affidati alla casualità ed alle scelte personali.
Si vedono, da un qualche tempo, con il sole o con la pioggia, con il caldo o con il gelo invernale, schiere di cittadini di ogni età correre, fare “footing” e quant’altro possa la fantasia suggerire ovvero, previa presentazione di un generico certificato di “sana e robusta costituzione”, affidarsi a palestre per intraprendere attività pesanti e prolungate.
A tal proposito vanno menzionate alcune regole generali la cui negligenza è spesso fonte di eventi patologici anche acuti!
Un esempio esemplificatore può fornircelo una condotta alimentare: supponiamo che un soggetto, giovane e “sano” sia da anni abituato a consumatore un frugale pranzo, ad esempio una fetta di carne ed un contorno di vegetali con un frutto; supponiamo che lo stesso soggetto, un giorno, mangi quattro antipasti, due primi, due secondi, formaggio, abbondante pane, frutti vari, dolci…Nessuno si sorprenderà se, nella migliore delle ipotesi, avrà un malessere gastro-intestinale, vomito, diarrea o dolori e quant’altro sia collegabile ad una disfunzione gastroenterica. Orbene un sedentario abitudinario, sottoposto in maniera improvvisa, “acuta” ad un sovraccarico di lavoro muscolare sottoporrà il suo apparato cardiocircolatorio ad un notevole stress, di per sè potenzialmente anche molto pericoloso.
Infatti, il cuore adatta la sua azione di pompa al lavoro fisico dell’organismo: in pratica modifica variando la sua forza di contrazione e la sua frequenza (il numero di pulsazioni al minuto) quando aumenta il lavoro fisico per assicurare ai territori muscolari in iperattività un flusso di sangue idoneo alla maggiore richiesta di ossigeno. Concomitantemente per azione di un ormone Adrenalina prodotto dalla ghiandola surrenale i vasi muscolari si dilatano per poter ricevere più sangue che assicura un maggiore apporto di ossigeno. Ma per fare questo, l’organismo deve adattarsi gradualmente mediante il cosiddetto allenamento che consente di adattare il cuore a queste nuove esigenze richieste dalla rete vascolare e dai muscoli in attività.
Si comprende, quindi, che già il cosiddetto “sano” deve subire questo processo di adattamento, anche se giovanissimo. A tal proposito circa il concetto di “sano” va fatta qualche puntualizzazione. Un soggetto può sentirsi “bene”, in forma, di ottimo umore e, quindi, in accezione clinica semplificata, essere considerato in buona salute. Ma, può accadere che, sottoponendo il soggetto ad esami medici clinico-strumentali si evidenzino patologie “silenti”, occulte, comunque presenti. E, in certi casi, possono esserci finanche predisposizioni genetiche di difficile determinazione con un quadro generale di perfetta apparente “buona salute”. Ciò implica la necessità di sottoporre un soggetto che voglia o debba iniziare la pratica di attività fisica, in particolare di tipo agonistico, a preventivo attento esame medico-clinico, strumentale e di laboratorio il più ampio possibile, non trascurando le famigliarità patologiche, il tipo costituzionale, e la personalità, lo stato dell’umore, la qualità del sonno, l’impiego di eventuali farmaci, integratori o qualsivoglia altra sostanza chimica utilizzata per varie e soggettive finalità.
Si comprende, pertanto, quanto sia insufficiente il cosiddetto certificato di “sana e robusta costituzione” specie se rilasciato senza un’attenta anamnesi ( la storia famigliare e personale del paziente), un’ approfondita visita medica corredata da esami di laboratorio e strumentali atti a garantire con valida approssimazione uno stato di salute idoneo ad affrontare un certo tipo di attività! Non andrà trascurata, anche nei più giovani , un’attenta e ripetuta misurazione della pressione arteriosa: in numerosi soggetti, anche prepuberi, si riscontrano valori cosiddetti borderline cioè ai confini con la norma, ad esempio una massima di 130 mm hg ed una minima di 85, già considerati universalmente come “ipertensione borderline” che richiede accurato controllo nel tempo. In più, anche in soggetti con pressione normale, è necessario osservare le variazioni pressorie in seguito o durante lo sforzo.
E’ facilmente deducibile che se queste regole sono indispensabili per i “sani” giovanissimi tanto più sono indispensabili per i soggetti a età più avanzata soprattutto se con segni conclamati o anche appena accennati della sindrome plurimetabolica sopra accennata; e tali norme diventano ancora più rigide quando l’attività fisica venga svolta in condizioni ambientali difficili, quali il caldo intenso, l’afa o il freddo con raffiche di vento o dopo i pasti specie se abbondanti.
Soprattutto per quanto attiene alla “morte improvvisa”, frequentemente presente anche negli sportivi, studi recenti hanno evidenziato anche un gene che potrebbe aumentare il rischio causando alterazioni ereditarie cardiache ( la sindrome del QT lungo) con facile insorgenza di gravi aritmie, cioè irregolare ritmo cardiaco, con sincope e morte improvvisa anche nei lattanti (sindrome della morte in culla). Questi geni ( oggi se ne conoscono più di 10) sono coinvolti nel trasporto di ioni ( sodio-potassio-calcio) attraverso la membrana della cellula cardiaca, e gli eventi gravi sono maggiormente presenti in pazienti sotto stress fisico ed emotivo, come ad esempio ragazzi mentre giocano al pallone o nuotando o in stati di apprensione.
Alla luce di quanto sinteticamente e sommariamente esposto si comprende, tranne casi rarissimi di eventi funesti non prevedibili, quanto sia indispensabile, prima di ogni programmazione di attività motoria di qualsivoglia ordine e grado, valutare la globalità dei fattori psico-fisici con un screening severo e ripetuto in opportuni periodi di tempo insieme ad una adeguata nutrizione ed a un programma di vita che armonizzi la sfera psicologica con quella organica.
Prof. Mauro Maria Minervini
docente di Fisiologia Umana Università di Bari