Partì tutto con un “stai sereno” e dopo qualche giorno Letta era lì, in un gelo polare di sguardi, a lasciare il campanellino al Sindaco di Firenze, che solo qualche settimana prima aveva dichiarato “Mai al governo senza passare dal voto”.
Risultato: soliti giochi da retropalco e governo giù.
Cambio di attori: e la storia del mai senza passare dal voto?
Si sa, in un marasma mediatico in continua mutazione e movimento l’Italiano dimentica in fretta, e così il rottamatore almeno negli intenti (ovvero nei proclami) inizia a riformare il suo governo di non eletti, cambiando i Ministri da bravo comunicatore (lascia qualche perplessità ai più acuti la permanenza di Alfano all’Interno – “Mai al mercato delle vacche”, aveva dichiarato settimane prima il Premier) e poi dando vita col patto del Nazareno al primo governo della Repubblica tra uno pseudo rottamatore e un condannato.
Si prospetta all’orizzonte, per i più cinici, una ampia pesciera di criticità.
La prima, evidente, è una implosione del PD così come originariamente sorto sulle ceneri del PCI.
Tra gli effetti dei movimenti magmatici interni, le malelingue sostengono anche se non coll’appoggio quantomeno col non contrasto dei vari Bersani e – guarda caso – Letta, i vari Cuperlo e Civati hanno ampio ambito di movimento, ora che il Segretario è stato finalmente impegnato in un compito lontano da Piazza di Sant’Anastasia.
Detto, fatto.
I Sindacati portano in piazza a Roma più di un milione di manifestanti contro la politica del neo-governo e già questo la dice lunga sulle aspettative di vita dell’esecutivo.
Tuttavia, come ogni miracolo del belpaese, gli insediati negli emicicli non si turbano per la piazza e puntano dritto alle elezioni del 2018 che dopo, si sa, Dio vede e provvede.
Persino alcuni marmorei 5 stelle, dopo dissidi ideologici che qualcuno bisbiglia quale pretenziosi, saltano la staccionata e passano da stipendio part-time a tempo pieno.
Tutto il governo, fermi restando gli innegabili principi ideologici, evidentemente tiene famiglia e si sa, finchè sei sulla poltrona lo stipendio arriva mentre, se firmi e vai al voto chissà, non sia mai la sfiga che l’elettore abbia cambiato idea.
Ma naturalmente questi mal pensieri li fa solo una piccola parte degli Italiani, almeno all’inizio.
Sì perché, e qui casca l’asino, a un anno di distanza il governo è passato dal 65,3 % di fiducia al neo premier al 48,1.
Idem, come scarto, per la fiducia al Governo stesso.Un salto (su base intervistati) del 17 e passa percento frutto magari di una intervista in una giornata di sole in una via centrale. I risultati fuori dalla Mirafiori alle 4,30 del mattino, chissà, magari evidenzierebbero un abisso ancor più profondo e, se possibile, chiarificante.
Ancora, il giudizio sull’operato del governo è passato dal 62,6 % al 45,1.
Altri istituti manifestano un calo di fiducia più o meno inferiore, ma la sensazione soggettiva guardando quanti scovolano nei cassonetti a fine mercato ortofrutticolo è che complessivamente non si tratti di una vittoria di risultato, ma mediatica.
Disoccupazione intesa quale percezione di fiducia nello standard storico (contratto a tempo indeterminato) , forse pari solo all’immediato dopoguerra.
Lavoro effettivo: le interviste occorre farle a Londra o a Berlino, perché i giovani cresciuti culturalmente dallo Stato ormai sono quasi tutti lì.
Tutela della salute, meglio passare avanti.
Tassazione: ad un passo dallo strozzinaggio legalizzato.
Tassazione nascosta: coerente con il volume di proclami.
80 euro: annullati dai tributi locali (gonfiati dalla drastica riduzione di trasferimenti dallo Stato) e dal costo della vita, nonché dalla voce precedente.
Grandi opere: L’Expo di Milano, ovvero come spendere fior di centinaia di milioni per un evento temporaneo mentre per andare da Bari a Reggio Calabria ci vuole ancora quasi un giorno di viaggio oppure se vai in auto tanta pazienza e una buona dose di fortuna.
Sanità: Dio ci dia sempre la salute.
Sicurezza: nessun problema apparente a parte decine di barconi in arrivo dalle coste dell’ISIS con altrettante centinaia di sconosciuti a bordo.
Giustizia: Dio ci dia sempre da stare in casa, possibilmente armati fino ai denti. Perché se qualche ladro entra, se non ti ammazza lui e lo ammazzi tu devi mantenergli la famiglia vita natural durante, mentre se ti ammazza lui dopo sei anni è fuori per buona condotta. Ma guai a scattare due foto e a ricattare il vip di turno: pena pari al comandante vaiasso che salta, pardon scivola, per primo sulla scialuppa.
E poi, tra nostri militari minacciati col Kalashnikov, altri imprigionati nelle Indie, hooligans che ci sfasciano la città eterna, meglio soprassedere e non indugiare nelle analisi.
I più anziani sorridono, se ancora si può: con una faccia più tonda del retro di un purosangue da tiro, ancora qualcuno osa proclamare il miglioramento e rendere doveroso il festeggiamento.
Una vittoria di Pirro insomma, basata sull’impercettibile miglioramento di catastrofici indicatori, passati in quest’anno da spazzatura a spazzatura un po’ meno puzzolente.
Poco ci manca che nei palazzi di stucchi ci si meravigli del popolo che gorgoglia, per assenza di pane.
Pochissimo, pare, che qualcuno all’interno risponda – con devastante nonchalance – che mangi brioches.
Roberto Loporcaro