T. S. Elliot declamava in Murder in the Cathedral: “Qual è il giorno nel quale sappiamo che noi speriamo o per che cosa noi temiamo? Ogni dì è il giorno dal quale dovremmo temere o sperare. Un momento pesa quanto un altro. Solo quando guardiamo indietro, scegliendo, noi diciamo, quello fu il giorno. Il momento critico è sempre ora e qui”.
Meglio incertezza e paura di commettere errori, che lasciarsi scegliere il futuro da altri. Certo, come afferma Elliot, un momento pesa quanto un altro. La scelta non è mai garantita e non posso mai sollevarmi dal peso delle mie scelte. E’ da qui che nasce la paura della libertà, l’angoscia della scelta. Ma rinunciare alla scelta significa altresì rendersi disponibili a certe forme di totalitarismo.
Cosa significano queste considerazioni applicate alla nostra società? Da quanto detto deriva che o noi ci impegniamo ad assumere la nostra scelta volta per volta nei confronti delle istituzioni o ci affidiamo fideisticamente ad esse. Nel primo caso il nostro compito è quello di mettere continuamente in discussione le nostre scelte e le istituzioni stesse, nel secondo caso, invece, le istituzioni vengono assolutizzate, sfuggono alla contingenza delle nostre scelte e dei nostri controlli. Un esempio è dato dalla attuale situazione politica. Nella situazione odierna il partito o movimento sceglie i propri rappresentanti al Parlamento e il cittadino non può che scegliere ciò che il partito ha già scelto per lui. In questo modo il principio di rappresentanza politica si riduce a mera finzione, soprattutto quando al cittadino si fa scegliere il Premier candidato alla guida del Paese (Vedi primarie proprio in questi giorni), ma non gli si consente di scegliere il proprio deputato, in modo da poter un giorno chiedergli conto del suo operato.
L’attuale “Legge Porcellum” altro non è che un meccanismo perverso guidato dai partiti o peggio da pochi esponenti dei partiti. Si configura, in realtà, come una forma di oligarchia. Ma… non eravamo in una democrazia parlamentare?
E’ un meccanismo perverso perché perpetua le logiche clientelari, i giochi di potere, gli scambi di voti, il tutto come se fosse la cosa più naturale del mondo. Tutto ciò, però, accade anche perché i cittadini hanno rinunciato alla possibilità di essere padroni delle proprie scelte politiche, economiche, sociali e umane.
La radice dell’ispirazione totalitaria di ogni tempo dimora nel cedere la responsabilità della scelta alla pretesa delle istituzioni di esaurire in se stesse ogni senso e ogni valore politico. Bisognerebbe ricominciare ad avvertire la responsabilità della scelta, che altro non è che vivere la propria libertà come un dovere.
Parafrasando Maurizio Viroli sentire un dovere vuol dire considerare un’azione giusta o non giusta. “E’ la nostra coscienza – afferma – non gli altri o lo Stato, che ci dice che una determinata azione è giusta, e dunque dobbiamo compierla, o è ingiusta, e dunque dobbiamo astenerci dal compierla. Il dovere non può essere imposto o comandato”. Questo in altre parole ci dice che siamo liberi grazie ai doveri e non nonostante essi. E la libertà è sempre libertà di scelta; vuol dire vivere secondo i propri pensieri, le proprie parole, la propria vita alla ricerca di un’esistenza autentica. E’ giunta l’ora di riprendersi le proprie esistenze di cittadini, costate il sangue di tanti secoli di storia; di assumersi il rischio delle proprie scelte e di non concedere più ad alcuno di trattarci come burattini in un teatro irrazionale e servile con il “signore” di turno, in attesa di ottenere qualche briciola in più. Libertà, responsabilità e scelta significano la possibilità di tornare ad essere cittadini di uno Stato democratico. La qualità morale di un uomo è il suo decidersi, che equivale a dire Libertà!
Maria Raspatelli