“Se fossimo rimasti frugivori, oggi saremmo stupidi”: è quanto asserisce con franchezza David Caramelli, antropologo dell’Università di Firenze, smontando tutte le leggende metropolitane legate a vegetarianismo e veganismo, due tendenze alimentari molto in voga nell’ ultimo ventennio. Tra le argomentazioni più utilizzate da chi propone la dieta vegetariana è che l’uomo non sia in realtà onnivoro e che quindi, per noi, consumare carne sia contro natura.
In verità “da almeno 40 anni le ricerche dimostrano che fu proprio l’aumento di carne nella dieta dei nostri antenati a renderci uomini e non più ominidi. Il genere Homo è nato proprio quando si è diffusa la caccia” sottolinea Giorgio Manzi, paleontologo dell’ Università La Sapienza di Roma. Segni evidenti di questo processo evolutivo sono riscontrabili in precisi cambiamenti anatomici: “I nostri lontani antenati – aggiunge Caramelli – avevano potenti muscoli mascellari per la masticazione dei vegetali. Con l’alimentazione a base di carni cotte grazie alla scoperta e addomesticazione del fuoco, non c’era più bisogno di masticare tanto e il nostro cranio si è potuto ingrandire per ospitare un cervello sempre più complesso, alimentato dal punto di vista energetico dalle proteine e dai grassi della carne”. Si è visto che quando il campione di popolazione è omogeneo, le persone che rischiano meno di ammalarsi sono sempre coloro che si alimentano bene, rispettando le dosi di nutrienti che dovremmo assumere, indipendentemente dal fatto che siano vegetariane o meno.
Secondo Andrea Ghiselli, medico dell’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione, il vegetarianismo non sarebbe la scelta migliore; si dovrebbe piuttosto mangiare con criterio e con uno sguardo attento alle quantità: la carne non andrebbe consumata in eccesso ma neppure evitata ad ogni costo. Studi recenti ci raccontano che i vegetariani muoiono per le stesse cose di cui muoiono i non vegetariani. Pare dunque non vi sia alcun vantaggio scegliendo di mangiare esclusivamente fogliame né esistono studi seri che ne certifichino i benefici. Diverse società scientifiche ci informano piuttosto sulla necessità di integrare le diete vegetariane e soprattutto quelle vegane e latto-ovo vegetariane.
“L’American Dietetic Association ci dice che in taluni casi bisogna usare un supplemento di cibi specifici. Ma se la dieta vegetariana contiene tutto quello che ci serve perchè bisogna integrarla? Dove aveva l’uomo di Neanderthal le compresse di multivitaminico? Sotto il cuscino?”: Andrea Luchi, specialista in fisiopatologia della nutrizione e del metabolismo all’ Università di Bologna evidenzia con corrosività i rischi legati a questa abitudine alimentare. “La vitamina B12 si trova in maniera significativa solo in fonti animali. Chi mangia solo piante diventa carente di questa fondamentale vitamina. Il 77% dei latto/ovo vegetariani è deficiente in Vit B12 e non solo, mentre addirittura il 92% dei vegani lo è. Sono tantissimi gli studi che confermano questo fatto. La cosa diventa preoccupante se pensiamo che queste carenze nelle donne gravide si trasmettono ai figli, dal momento che il lattante non ha altra fonte di Vit B12 che il latte materno. Da madri carenti in Vit B12 nascono bambini coi più disparati difetti fisici e ritardi mentali” rincara Luchi. Quando siamo carenti in Vit B12 crescono nel nostro sangue i livelli di omocisteina, una sostanza tossica che aumenta il rischio di infarti, osteoporosi, malattie dei vasi sanguigni, malattie mentali e morte. Gli studi scientifici ci dimostrano che a un ridotto consumo di carne corrisponde un alto livello di omocisteina. Nessuno ce lo ha mai detto ma questo aminoacido colpisce anche il sistema nervoso e ad elevate concentrazioni di omocisteina nel sangue c’è una maggiore possibilità di ammalarsi di Parkinson, Alzheimer, depressione e demenza”. Il nostro cervello per continuare a tenersi in forma ha dunque bisogno anche di proteine animali: qualche boccone di carne in più salverà anche il nostro QI? Prima di trasformarci tutti in pecore vale la pena provarci. Ai posteri l’ardua sentenza.
Ilaria Delvino