Insulti e intimidazioni non hanno indotto Andrea Dessena a desistere dalla sua causa contro l’omofobia e i pregiudizi ancora così radicati in una società che fa ancora tanta fatica a cambiare.
Dessena ha quasi 27 anni e nella vita fa il calciatore.
La sua carriera professionale lo ha portato prima a Parma, città in cui è nato, e poi a Genova, sponda doriana.
Oggi Andrea gioca a Cagliari e dopo alcuni anni nell’isola, ha compreso bene cosa voglia dire un insulto come “brutto caghino”.
Sul web, dove gli inibitori di specie cadono in quanto non vi sono contatti fisici, per la maggior parte degli utenti dei social, è semplice la pratica dello hate speech, dell’insulto gratuito e senza ripercussioni di ordine morale.
Andrea ha come sua unica sua colpa, se così vogliamo chiamarla, aver indossato dei lacci arcobaleno in occasione dell’ultima partita di campionato di serie A, Inter Cagliari, per esprimere vicinanza e solidarietà nei confronti degli omosessuali.
I suoi “tifosi” non gliela hanno perdonata, e lo hanno invitato, sui social network e sui tanti blog, a farsi i fatti suoi e a pensare a giocare.
E se Andrea non lo avesse ben compreso, hanno buttato benzina sul fuoco gli ultras della squadra isolana, apostrofando Dessena con “Frocio, sei solo un frocio”.
A scatenare questa ignobile bagarre linguistica, è stata la solidarietà di Andrea verso l’appello dell’Arcigay per dare appoggio alla campagna “Diamo un calcio all’omofobia, chi allaccia ci mette la faccia”.
Alle offese “virtuali”, Dessena ha risposto dando a questi pseudo-tifosi, degli stupidi ignoranti e chiedendo rispetto per le scelte degli altri.
Andrea ha poi ribadito che se un calciatore, come del resto qualsiasi altra persona, manifesta pubblicamente le sue preferenze sessuali, questo non deve rappresentare un problema per nessuno. Per nessuno, appunto.
Forse solo per pochi imbecilli.
Andrea Alessandrino