Parole infelici, quelle pronunciate dal vescovo emerito di Isernia-Venafro, Mons. Andrea Gemma, il quale ha paragonato i “posseduti dal demonio” e gli affetti dalla sindrome di Down. “Il posseduto dal diavolo ha le movenze e il portamento simile a un down”, aveva detto il vescovo, esperto di esorcismi, durante la trasmissione “Vade retro”, andata in onda il 9 giugno su TV2000, il canale di proprietà della Cei.
La prima reazione assolutamente comprensibile da parte di un gruppo di genitori di ragazzi affetti dalla sindrome di Down, è stata quella di chiedere, attraverso una lettera inviata a un quotidiano nazionale, le scuse pubbliche da parte del vescovo.
Il consiglio che i genitori hanno rivolto al porporato è “di passare un po’ del suo prezioso tempo con i ragazzi disabili per conoscerli e confrontarsi con loro”.
I genitori hanno inoltre rivolto un’accusa a tutta la Chiesa: “Sono troppe le discriminazioni che arrivano dal clero verso le disabilità. Un rappresentante della Chiesa non può e non dovrebbe permettersi di apparire in tivù e rilasciare certe dichiarazioni”.
Il conduttore della trasmissione televisiva, David Murgia, ha ribadito che è stato solo un “fraintendimento”. Guardando il video che ormai spopola sulla rete, però, ciò che colpisce maggiormente è l’assoluta superficialità con la quale il Vescovo paragona indemoniati, sindrome di Down, psicolabili e disabili.
Invito il porporato a leggersi un testo di psicologia, in cui capirebbe la differenza tra disabile, sindrome, psicolabile. Egli, in quanto prelato, dovrebbe conoscere i documenti di Santa Romana Chiesa sui disabili. Se così fosse, scoprirebbe che le sue parole sarebbero non solo smentite, ma giudicate assai inopportune.
Faccio riferimento, in modo particolare, al documento del “Giubileo dei disabili” del 2000 in cui tra le tante cose si legge: “Sensibilizzare la pubblica opinione sulla presenza dei disabili è un atto di giustizia di fronte all’esistenza propria e a quella dei fratelli e sorelle affetti da un handicap. E’ fuori dubbio che la diversità incute paura e resistenza, ma è necessario che il contatto diretto diventi un’esperienza dalla quale si può comprendere che ogni incontro è dono e conquista, è resistenza e resa, è paura e gioia ritrovata. E’ stato scritto che solo il culto della bellezza salverà il mondo, il cristiano sa scoprire la bontà di Dio anche nel filo opaco di una vita umanamente fragile e debole”.
Vescovi e sacerdoti spesso dimenticano che le parole che pronunciano non esprimono solo il proprio pensiero, ma sono percepite dalla collettività come “parola della Chiesa”. Ciò che è ancora più scandaloso è la giustificazione che il conduttore televisivo, David Murgia, ha fornito telefonicamente a Repubblica. Egli ha affermato: “È noto che quando si parla del diavolo, questo ci mette lo zampino. E lo zampino questa volta è aver voluto estrapolare poco più di un minuto da un programma che ne dura 42. Come conduttore di Vade Retro per Tv2000, ogni settimana diamo voce agli invisibili ovvero a quelli che parte della scienza giudica matti e non hanno voce e volto”.
La responsabilità di chi parla è sempre personale e chi va in televisione deve averne consapevolezza estrema, altrimenti sarebbe più opportuno non esprimersi. Ricordando la lezione di Wittgenstein nel Tractatus logico-philosophicus “Su ciò, di cui non si può dire, si deve tacere!” (Wovon man nicht sprechen kann, darüber muss man schweigen).
Maria Raspatelli