Com’è possibile contenere nel minutaggio ridotto di un film la pregna personalità di Pier Paolo Pasolini? Sarà stata questa la domanda che Abel Ferrara si sarà posto quando ha iniziato ad approcciarsi al suo personale Pasolini.
Il film, presentato in concorso alla 71 Mostra di Venezia, è la ricostruzione (più o meno fedele) dell’ultima giornata di vita del poeta. Tralasciando le indagini sugli avvenimenti che portarono alla morte dello scrittore (già esplorate da Marco Tullio Giordana nell’ottimo Pasolini, un delitto italiano), il regista newyorkese vira verso una minimale visione che cerca di contenere la poliedricità intellettuale dell’autore di Ragazzi di vita. Offendo uno spaccato dell’universo pasoliniano, il film di Ferrara mostra un Pier Paolo Pasolini diviso tra il calore del nido familiare (la madre e la sorella lo chiamano affettuosamente “Pierutti”) e le provocazioni della sua attività di scrittore e regista.
Ad interpretare Pasolini è l’attore statunitense Willem Dafoe (scelto per la sua aderenza fisica e gestuale al personaggio), di cui però non abbiamo potuto apprezzare lo sforzo di parlare in italiano in alcuni punti del film, a causa del doppiaggio.
Nel complesso il film di Ferrara non riesce a restituire la pienezza dell’anima dello scrittore, perdendosi soprattutto nel cercare di tradurre in immagini le opere incompiute di Pasolini, cioè il romanzo Petrolio e la sceneggiatura di Porno-Teo-Kolossal. Il regista newyorkese calca un po’ troppo la mano sulle scene più esplicite di queste opere, forse con la (sterile) pretesa di scandalizzare allo stesso modo dell’intellettuale nato a Bologna nel 1922 e vituperato dalla censura moralista dell’Italia del secondo Novecento.
Di sicuro, però, il film Pasolini convoglierà nuovo interesse internazionale verso una figura emblematica del panorama culturale italiano, protagonista e vittima di “una storia mica male insabbiata, una storia sbagliata”, come l’ha definita Fabrizio de Andrè.
Trailer su https://www.youtube.com/watch?v=NoCxZoUfMHo
Giovanni Boccuzzi