Megamanifestazione contro lo job-act a Roma:un milione in protesta.
Se poi in quel milione svetta qualche dirigente PD, qualcosa non quadra nel belpaese.
Se la Camusso dichiara che l’art.18 non è un totem, ma una tutela reale; se persino Landini, il ciuffo liscio/metalmeccanico più adirato d’Italia, riconosce il successo del grande coro rosso. Se in piazza ci si ritrova anche con Fassina e buona parte di una corrente interna del PD che più passano le settimane più sembra un divenire mareggiata insistente che attornia ed insidia una Dirigenza new-age che appare sempre più un grosso iceberg squagliante; se tutti, insomma, Berlu incluso, se non plaudono alle iniziative dell’Italia che (non) lavora tatticamente tacciono, perché si sa: la guerra si vince anche con le sconfitte inflitte al nemico da terzi . Se tutto questo coesiste, non dovrebbe sorprendere l’urlo silenzioso del principale insidiatore del Premier: Pippo Civati dichara infatti che “chi manifesta oggi non lo fa contro il governo, ma contro politiche che sono sbagliate. Il problema è capire se un premier di centrosinistra che abolisce l’articolo 18 come voleva fare Berlusconi, se il controllo a distanza o il precariato di Poletti sono un problema o se sbaglio io».
Ma allora, ci si chiede, se un milione di cittadini invade una piazza, perché non fare di necessità virtù?
Una idea malsana, forse, eppure di una opportunità che non dovrebbe lasciare spazio a temporeggiamenti.
Ce lo si immagina già, il nome: il Milione.
Quello con cui, ironia della sorte, una manciata di anni fa si sosteneva una famiglia media per vivere dignitosamente, ogni mese, col miracolo della lira. Moneta e musica, allo stesso tempo.
Roba da sogno, un partito con un milione di iscritti: con quello sì che si cambierebbe l’Italia.
Altro che meet-up e primarie dietro uno schermo: bandiere e cortei, alla vecchia maniera.
Se questo non accade, ma invece accade che sovente Dirigenti Sindacali passino alla politica, piuttosto che gli stessi Sindacati d i v e n t i n o espressione politica, ecco la risposta al titolo.
I Sindacati, e non solo la CGIL, dovrebbero forse andare al Governo così come sono, con le tute da operaio e le giacche stinte della disoccupazione: insomma, un ingresso in massa.
Non singole defezioni, una tantum, pronte a perdersi nella Casta.
Roberto Loporcaro