L’Euro ha causato un colossale trasferimento di produzione industriale da tutti i paesi periferici verso la Germania, come conseguenza dell’invariabilita’ dei cambi, che consente al sistema meno inflattivo (quello tedesco) e piu’ efficiente, di sottrarre ampie quote di produzione. Il contesto complessivo (l’Europa nel suo insieme) non ha da lustri una dinamica crescente nella produzione, a causa della concorrenza asiatica, ed al suo interno v’è un vincitore e tanti sconfitti.
Per capirsi, dal 2005 al 2013, l’Italia ha fatto -18% e la Germania +10%: è come se in 7 anni, tutte le fabbriche presenti nel Centro Italia avessero chiuso e si fossero trasferite in Germania in blocco: effetti analoghi a quelli di una Guerra Mondiale.
La dinamica in caso di mantenimento dell’EURO è prevedibilmente la stessa degli ultimi 10 anni, con una Germania che sottrarrà quote a tutti gli altri. Il trend proseguirà inevitabilmente, fintanto che la Germania manterrà un’inflazione minore o uguale ai partners, e potrà mutare solo quando tale tendenza muterà ed in modo duraturo (consideriamo l’ipotesi fantascienza!). Ovviamente gli aumenti di tassazione indiretta in Italia (IVA, accise) e Spagna (IVA), causa prima di sovra-inflazione, promettono che il differenziale inflattivo tra Germania e Sud Europa permarrà anche nei prossimi 2 anni.
In caso di disgregazione dell’EURO, e ritorno alle valute nazionali, è ovvio che accadrà qualcosa di analogo a quanto accadde nel 1992-95. L’Italia (e gli altri paesi che svalutarono) all’epoca ebbe un’impennata nella Produzione Industriale e la Germania ebbe una bella batosta. È ciò che accade in corrispondenza di ogni riaggiustamento monetario. È vero che l’Italia ha minore peso industriale rispetto all’epoca, ma è anche vero che l’incidenza dell’Import-Export rispetto alla produzione è aumentata molto rispetto a 20 anni fa, per cui è prevedibile vi saranno gli stessi effetti.
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