“Ci servono parole per pensare / Ci servono parole per amare / Parole per parlare non ne abbiamo più.”
È con i versi di Gianni Rodari, che si apre la nuova trasmissione di Fazio e Saviano, in onda, da ieri, su La7. Ci riprovano, insieme alla Littizzetto e a numerosi altri ospiti, per il secondo anno, a metter su una trasmissione che dia voce alle minoranze, alla cultura, a tutto quello che ormai in televisione non si vede più. “Quello che (non) ho” è una trasmissione di tre puntate, incentrata sul valore, ormai perduto, della parola.
Ogni parola racchiude una gamma sconfinata di significati (lessicali e personali) ed ogni ospite intervenuto nella trasmissione ha portato sul palco una parola per sé importante. Lo studio è nelle Officine Grandi Riparazioni di Torino (“Una fabbrica senza operai, pensa come sarebbe felice Marchionne” ghigna la Littizzetto). Ed è in questo suggestivo scenario che si avvicendano ospiti e personaggi, in questo meraviglioso raduno di parole. Dopo il successo dello scorso anno di “Vieni via con me”, la nuova trasmissione di Fazio e Saviano registra ancora il boom di ascolti e su Twitter l’hashtag #qchenonho è nei trends topic mondiali. Una rivoluzione silenziosa, relegata in un canale di nicchia, una sorta di pacifica ribellione alla spazzatura che intasa i grandi canali televisivi, dove, a farla da padroni, sono la violenza, l’isteria della Signora Politica e i reality show. “Inteloquire” è la parola scelta da Saviano, parola che l’anno scorso provocò una polemica gigantesa perché usata per dire che la ‘ndrangheta cercava di interloquire con tutti i partiti, mentre sarebbe stato tutto più facile se avessero interloquito con la procura antimafia.
Altra parola chiave della puntata: “dignità”, in questi tempi fedele antitetica accompagnatrice della parola “lavoro”, ormai purtroppo, però, legata indissolubilmente alla parola “suidicio”. Si parla della crisi, della vita e della morte (suggestivo il racconto della strage di Beslan, in Ossezia, dove morirono più di 180 bambini). Sfilano gli ospiti: Paolo Rossi, comico interprete della parola “Finanza”, Pierfrancesco Savino, Massimo Gramellini, che porta con sé la parola “forza”, Carlo Petrini, Ermanno Rea,Elisa, Erri De Luca con la parola “ponte”. In un dialogo paritario e pacifico, dove destra e sinistra si incontrano (e non si scontrano) Marco Travaglio e Gad Lerner danno voce alle parole “politica” e “antipolitica”.
Un toccasana, insomma, per la tv italiana, una boccata d’ossigeno nella pesante cappa di programmi irrespirabili, inguardabili ed inascoltabili che ogni sera ci vengono offerti. Tornano a parlare sul palco la poesia, la cultura, la (vera) danza, l’arte. Gli indici di ascolto parlano chiaro: “Quello che (non) ho” è una nuova sfida che Saviano e Fazio hanno vinto.
Chiara De Gennaro