Nella riunione dello scorso 10 febbraio il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto per l’indizione del referendum abrogativo no-triv, stabilendo come data per la consultazione popolare il 17 aprile 2016.
Questa decisione è stata subito criticata dal Coordinamento Nazionale No Triv perché con un “election day” cioè facendo coincidere la data del referendum con quella delle amministrative (previste a giugno) si sarebbero raggiunti due obiettivi importanti: favorire un’ampia partecipazione popolare al voto e risparmiare circa 300 milioni di euro.
Inoltre, il tempo a disposizione per preparare la campagna referendaria e per informare i cittadini sugli argomenti della votazione si ridurrebbe notevolmente, rendendo molto difficile il raggiungimento del quorum.
La scelta del 17 aprile sembra quindi un tentativo del Governo di fare fallire l’iniziativa referendaria anche se si sta sperando in un intervento del Presidente della Repubblica Mattarella a favore della data dell’election day.
Nel frattempo si aspetta, infatti, il parere della Consulta sulla riammissione di due quesiti referendari, dopo che sei delle Regioni promuoventi il referendum hanno sollevato dei ricorsi.
La Corte di Cassazione si dovrebbe esprimere agli inizi di marzo e se il Presidente Mattarella dovesse decidere di aspettare l’opinione della Corte, senza firmare subito il decreto del Governo, la data del voto slitterebbe e l’accorpamento delle due consultazioni non sarebbe più un’utopia.
Intanto, il 14 febbraio a Roma, si è svolta la seconda Assemblea Nazionale Referendum No Triv alla quale hanno partecipato associazioni e movimenti che a livello locale si sono impegnati per arrivare all’ottimo risultato del referendum abrogativo.
Cristina De Ceglie