In occasione della pubblicazione della sua prima raccolta di racconti Vie d’uscita – Salvarsi con i Led Zeppelin, Bach e Nilla Pizzi, per la casa editrice Florestano, abbiamo intervistato l’autrice Rita Lopez, sociologa e archeologa barese, attualmente residente in provincia di Roma.
Sei passata dal tuo blog Rita Lopez. Storie e altro. (Gli dei. Gli eroi. Le donne e gli uomini) alla narrativa tradizionale, due tipi molto diversi di fruizione da parte del lettore. Da parte tua, hai adottato approcci diversi di scrittura?
Sul blog c’è l’esigenza di un tipo di scrittura spartana: qui i miei racconti sono composti da frasi molto brevi, di solito non più di 15 righe. Grazie al blog ho acquisito la capacità di sintesi, affinando un tipo di scrittura fotografica e non introspettiva, che non si attarda nelle descrizioni. Nel passaggio alla narrativa tradizionale ho adottato un tipo di approccio completamente diverso: sulla carta i racconti permettono un più ampio respiro rispetto al blog, quindi ho spostato la camera fotografica su quello che circonda i personaggi, prestando più attenzione alle descrizioni.
In Vie d’uscita hai messo in prosa i tuoi ricordi, recuperando le tue radici che affondano nella città di Bari e nel quartiere Libertà. Come hai compiuto questa operazione? E quanto ti è costata emozionalmente?
Andare a ritroso nella memoria è stato salvifico e terapeutico. Paradossalmente, scavare nel passato ha annullato le differenze di tempo inteso in senso consequenziale, in quanto esiste un unico grande momento. Il passato non è staccato dal presente ed è completamente collegato al futuro: queste tre dimensioni si fondono in me per formare quella che sono oggi. La bambina che ero nel quartiere Libertà con le ginocchia sbucciate è in me ancora adesso, così come a livello infinitesimale ero potenzialmente presente in quella bambina. Tutte le persone che ho amato, che ho conosciuto e che sono state importanti per me, sono dentro il mio Dna, nelle mie cellule. I personaggi di Vie d’uscita sono stati i pilastri nella mia vita. Come afferma Gabriel Garcia Marquez “la vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per poi raccontarla”.
Per Clint Eastwood “siamo tutti il prodotto di ciò che abbiamo visto nella vita”. Per il tuo libro, Vie d’uscita, si potrebbe allargare il raggio di questo aforisma anche alla musica che è il filo conduttore dei tuoi racconti. Quali sono gli affluenti musicali che ti hanno formato?
Siamo il prodotto di tutte le nostre esperienze. Da bambina sono cresciuta con la musica napoletana che ascoltava sempre mio nonno. Poi, in parte per una mia personale ricerca, in parte grazie all’incontro e allo scambio con la mia generazione, ho scoperto il rock e ne sono diventata prigioniera. Anche se mi piace la musica classica, il jazz, il blues, sono figlia del rock, dei Police, dei Pink Floyd, dei Led Zeppelin e dei Radiohead.
Giovanni Boccuzzi