I giornalisti professionisti, assunti con regolare contratto, da aziende ora in ristrutturazione o riorganizzazione e che hanno maturato 18 anni di contributi potranno andare in pensione. Questo, secondo quanto osservato in ambienti parlamentari, ciò scatterebbe per i giornalisti, una norma ad hoc, secondo alcuni, che ha suscitato critiche.
Ieri alle 15 è scaduto il termine per gli emendamenti al decreto sulla Pubblica Amministrazione ma in Senato scoppia la grana della norma, inserita alla Camera nel decreto del Governo. Innanzitutto da Scelta Civica che ha già presentato un emendamento soppressivo dell’articolo I ter del testo all’esame della commissione Affari Costituzionali.
La norma crea disparità di trattamento non solo rispetto ad altre categorie di lavoratori ma all’interno della stessa categoria di giornalisti, ha sottolineato in sostanza, nella seduta di ieri, il professor Piero Ichino per il quale, oltretutto, la disposizione è estranea alla materia del dl complesso delle norme che riguardano i dipendenti pubblici.
Critico anche M5S che, secondo quanto si è appreso oggi, ha depositato oltre 200 emendamenti. Ma la norma, a Palazzo Madama, farebbe storcere il naso anche a diversi esponenti del Pd.
Sulla P.A. che, sarà già oggi in Aula per le pregiudiziali di costituzionalità, non è solo questo il fronte, perché c’è anche quello del personale docente della scuola che ha maturato i requisiti per andare in pensione al termine dell’anno scolastico 2011 – 2012. La priorità, viene osservato, dovrebbe invece essere quella di chi, ad esempio, ha perso il lavoro per la crisi a 60 ani e non ha mezzi di sostentamento perché i requisiti per il pensionamento ancora non ce li ha.
Massimo Pellicani