SIRIA – A una settimana dall’attacco chimico, col gas surin, compiuto presso la città siriana di Duma e dopo le minacce di un intervento ai danni di Bashar Al Assad (considerato l’autore del massacro) da parte di Washington, la reazione occidentale è arrivata. Alcuni testimoni raccontano dei primi missili Tomahawk che cadevano su Damasco e Homs proprio mentre il presidente americano stava ancora parlando, intorno alle 22 ora di Washington, le tre del mattino in Italia.
Al momento si è parlato di una “one day operation”, con l’intento di mandare solo un monito alle forze di Assad e ai suoi alleati. Sono stati colpiti, infatti, un centro di ricerca scientifica a Damasco, un sito di stoccaggio per armi chimiche a ovest della città di Homs e un importante posto di comando situato nei pressi del secondo obiettivo. “Lo scorso anno il regime di Assad non ha compreso bene il messaggio”, ha aggiunto quindi Mattis, il quale si è riferito al precedente attacco militare Usa in Siria dell’aprile 2017: “Così questa volta abbiamo colpito in maniera più dura insieme ai nostri alleati. E se Assad e i suoi generali assassini dovessero perpetrare un altro attacco con armi chimiche, dovranno rispondere ancora di più alle loro responsabilità”.
La prima risposta di Mosca, alleata con Assad, è arrivata immediatamente: “Le azioni degli Usa e dei loro alleati non resteranno senza conseguenze”. Dura al contempo è stata la reazione dell’Iran. “Gli Stati Uniti e i loro alleati non hanno prove sull’attacco chimico in Siria e sono responsabili per le conseguenze regionali che seguiranno all’attacco deciso senza aspettare che prendessero una posizione gli ispettori dell’Opac”.