Un gruppo di persone è stato salvato, dopo essersi avventurato sul mare ghiacciato in Lettonia, dalla lastra che staccatasi dalla costa è andata alla deriva.
Colto da sorpresa apprendendo la notizia – al rientro da un giro presso la zona industriale di Bari/Modugno (un capannone aperto, quattro chiusi) – immediatamente si è materializzatal’assonanza, la triste corporazione delle analogie.
La condizione di quelle imprese (emblema forse di una intera Nazione) che ancora– sforzandosi – operano nell’altrimenti grigio e fermo piano degli eventi di fatto aggravato dalla politica ,riporta alla mente la figura di uomini e donne che, magari in testa ad un più corposo gruppo,navigano impotenti e loro malgrado verso il proprio destino.
A remare contro e di lato e sotto, le orche assassine dei mercati aggressivi per nulla intimorite dalla balena dello stato lento e in continua apnea verso fondali limacciosi e dispersivi, anziché verso la cresta del mare dei tempi che corrono.
Ogni tanto, da destra, a rendere più difficile la lotta di questi naufraghi del manifatturiero o dei servizi, una ondata di populismo (dichiaratamente a favor di costa ma in pratica spessocontraria) dei partiti più storici che pagano con un misero paniere acclamatori che si fanno folla ebete, inneggiante di patetica retorica e stomachevole cecità, probabilmente dettata dalla mancanza di sufficienti proteine e vitamine per il mese appena passato.
Dall’altro lato, vecchie foche di sinistra tendenza tentano di salire a bordo della glaciale zattera per andare incontro al popolo e magari rassicurarlo dalle paure con spettacolini e battute e massime e aforismi, inconsce invece delle continue crepe che con il loro peso di anni di governo immobilista hanno creato a questa zattera di temerari stanchi, inconsce della instabilità che loro stesse contribuiscono, ogni volta che si muovono, a realizzare.
Nell’immediato orizzonte ma nascosto alla vista dei più, con il barbuto comandante troppo impegnato a sbraitare sovracoperta ai propri mozzi inebetiti e obbedienti, un nuovo rompighiaccio pieno di scialuppe avanza cieco verso l’iceberg piatto da cui si levano grida di aiuto; a queste il comandante non può rispondere perchè infervorato dalla necessità di portare soccorso ma cieco della effettiva posizione e situazione dei naufraghi, troppo in basso rispetto al punto di vista di chi comanda, sordo perché assordato dalle proprie grida, inconsapevolmente pronto con un sol colpo definitivo a mandare tutto a picco, seppur nella rotta delle buone intenzioni.
Nel breve, insomma, il problema all’orizzonte degli eventi è anche una catastrofe comandata da tutte queste forze in gioco, tutte cieche ai cadaveri già affioranti nei mari delle rispettive posizioni.
A differenza dei naufraghi baltici, allora, probabilmente ai naufraghi della zona industriale di Bari e Modugno – e probabilmente all’Italia tutta – non resta che gettarsi a capofitto nelle ultime speranze remando con le mani nude e crude nel mare ghiacciato, tentando di raggiungere la costa della sopravvivenza, contando e riuscendo sulle proprie forze, senza attendere oltre aiuti farraginosi e lenti, o goffi e devastanti. Augurio vero, e sincero, e primo, per queste Feste di rinnovamento e buon auspicio, è di farcela – per la propria autostima di imprenditori e per le famiglie e figli di operai e impiegati – a superare con la dedizione al proprio lavoro queste forze avverse sperando che le stesse si scontrino tra loro e si annullino rinforzandosi e prendendo si spera un’unica direzione, agevolando il definitivo rientro a terra di questi alfieri del tessuto produttivo, già da troppo tempo in balia degli eventi.
Roberto Loporcaro