Riceviamo il contributo di uno studente dell’ITT “Panetti” di Bari. Giovani giornalisti crescono…
Nel corso del ventunesimo secolo, sono accaduti diversi avvenimenti negativi e addirittura catastrofici che possono portare senz’altro a riflettere su molte contrapposizioni. L’attentato alle Twin Towers piuttosto che l’inabissamento della Concordia o ancora più recenti le inondazioni in Sardegna. Si potrebbero riempire pagine di esempi, ma celato dietro queste catastrofi si nasconde qualcosa che per definizione è il dare senza aspettarsi alcun compenso, ovvero il dono. La contrapposizione sta nel fatto che aiutare qualcuno nel momento del bisogno sembra diventare cosa naturale o c’è chi, come i vigili del fuoco, dona il loro proprio aiuto per mestiere. Effettivamente ci si aspetta sempre qualcosa in cambio: un grazie, o una vita salvata diventano per l’appunto un buon compenso. Si è portati spesso a concentrarsi su quello che gli altri fanno di grande o a volte di eroico, ma non ci si rende conto che donare fa parte della vita di tutti i giorni. Ogni giorno avviene questo gesto: tra amici, colleghi e quant’altro. Un sorriso una stretta di mano un abbraccio sono gesti il più delle volte spontanei, nient’altro che doni. Così spontanei da sembrare istintivi. La definizione di dono può tuttavia essere pienamente contestata perché salvo eccezioni rarissime chiunque in seguito a un gesto d’aiuto verso il prossimo si aspetta qualcosa, anzi difficile è il sopportare di non ricevere niente. Al giorno d’oggi potremmo essere tutti eroi aiutando in qualsiasi maniera chi sta peggio di noi, ma tentiamo di rifugiarci dietro gesti semplici, facili come un regalo o donando dei soldi. Anche quello è un modo di donare, ma con che soddisfazione? Con quale aiuto concreto? Si sente parlare spesso e volentieri di adozione a distanza, si paga un canone mensile e il denaro raccolto viene utilizzato per dare un pasto o un’istruzione a un bambino del terzo mondo. Vero o falso che sia, giusto o sbagliato che possa essere, rimane un donare vuoto. Perché non si partecipa attivamente al dono. Si mescola il sentirsi bene con se stessi, perché l’importante è fare qualcosa, e il menefreghismo di chissà davvero dove vanno questi soldi o come si vive davvero in quei posti. Il donare diventa passivo. Basta mandare un sms da due euro e il problema alluvione non è più problema di nessuno. Si è bombardati quotidianamente dal rimanere a guardare. Donare diventa sempre più un gesto economico piuttosto che un istinto umano. I soldi sono diventati il centro anche di un gesto del cuore. Sembra quasi che il donare, se alle sue spalle non ha un buon investimento economico, non ha significato, non ha valore e ci si dimentica che tutto quel che fa parte della natura umana è dono, l’aiutare con le proprie forze qualcun altro, lavorare insieme per costruire qualcosa, sono gesti umani. Non ci si deve far prendere dal normale andare delle cose, bisognerebbe solo ritrovare quello che è natura, quello che è istinto umano. Il dono. Ma non senza pretendere nulla in cambio, perché nel momento in cui doniamo stiamo già ricevendo qualcosa, l’essere se stessi tralasciando quello che è il normale andare dell’economia, della crisi, dei doni economici e del mondo. Bisognerebbe probabilmente fidarsi più del proprio istinto e non seguire sempre quel che la massa segue e ritiene giusto seguire.
Roberto Benetollo – ITT “Panetti” – Bari