Ricorre un anno dalla perdita della dott.ssa Paola Labriola, stimata professionista dalle non comuni doti professionali e personali. Al dolore della sua morte si è associata da subito la forte preoccupazione per le condizioni di sicurezza degli operatori dei servizi socio-sanitari, esposti ad enormi rischi durante lo svolgimento della propria attività in cui il contatto quotidiano con il disagio sociale, le tante marginalità e la sofferenza psicologica hanno peso preponderante.
“Una sensazione di vulnerabilità, precarietà, solitudine e impotenza – afferma Vanda Vitone vicepresidente dell’Ordine degli Psicologi della Puglia – ci ha accompagnati in quest’anno trascorso da quell’efferato delitto, da quella morte sul lavoro, così come alcune considerazioni sul significato da attribuire a quel sacrificio”.
Molte sono state le domande: si sarebbe potuto evitare questo evento, in quale modo? Se ci fosse stato un uomo al suo posto sarebbe accaduto ugualmente? Se al servizio non ci fossero state solo presenze femminili? Se l’accesso ai servizi fosse stato vigilato?
“Subito dopo l’episodio – continua Vitone -, l’attenzione è stata posta sulla sicurezza e sulle necessarie misure da adottare nei posti di lavoro, nei servizi psichiatrici e socio-sanitari del territorio; solo un numero esiguo di essi sono stati dotati di vigilanza e sistemi di controllo e tale problematica rimane ancora irrisolta: lavorare in sicurezza deve essere garanzia per tutti!”
Affinché tale morte non resti vana e non abbia come conseguenza solo una triste commemorazione, si impone una riflessione collettiva sul significato di tale violento evento soprattutto al fine di prevenire altri omicidi e atti di aggressione ai danni degli operatori dei servizi socio-sanitari.
Tale riflessione attiene all’area del crescente disagio psico-sociale in una società sempre più in crisi dal punto di vista economico e valoriale, caratterizzata da conflittualità nelle relazioni familiari, da violenza all’interno della coppia, da disagi infantili e adolescenziali, da maltrattamenti nei confronti dei minori.
“La violenza, la sopraffazione, il farsi giustizia da sé si sta sostituendo al rispetto, all’attenzione all’altro nelle relazioni, all’espressione delle emozioni positive nelle interazioni tra gli adolescenti, al riconoscimento dei diritti nel mondo del lavoro. Quello che però preoccupa maggiormente è la violenza nelle relazioni intime ed il crescente fenomeno del femminicidio che ci rimanda all’incapacità di una parte del mondo maschile di emanciparsi da una cultura patriarcale che genera comportamenti di controllo ed aggressione nei confronti delle donne, anziché processi di elaborazione psichica dei cambiamenti e percorsi condivisi”.
Come intendono rispondere i politici e gli amministratori dei servizi sanitari regionali al bisogno di salute psichica dei cittadini in una società in continua e repentina evoluzione? Come intendono intervenire per migliorare le condizioni lavorative degli operatori dei servizi territoriali che a tali bisogni cercano di rispondere quotidianamente in condizioni di precarietà di mezzi, di personale, di servizi e di misure di sicurezza?
“Il fenomeno della violenza non è solo espressione di un “mente malata” – afferma la vicepresidente degli psicologi pugliesi -, spesso non è legata a patologie psichiatriche, pertanto necessita di azioni finalizzate al potenziamento dei servizi che erogano interventi psicologici, sia di tipo preventivo che di cura e di riabilitazione e alla loro organizzazione più funzionale”.
Si rende in oltre necessaria una implementazione dei centri antiviolenza e l’ istituzione di centri di ascolto per uomini maltrattanti.
Lo stesso Presidente dell’Ordine degli Psicologi della Regine Puglia, Antonio Di Gioia, ha evidenziato che si sta assistendo a tagli delle piante organiche degli Psicologi nei servizi socio-sanitari e ospedalieri della Regione Puglia, ad una riduzione dei servizi di assistenza psicologica e ad accorpamenti disfunzionali di strutture deputate alla prevenzione del disagio psichico come i Consultori Familiari e a processi di medicalizzazione di eventi psicologici.
“Tutti i cittadini devono essere coinvolti nella lotta al fenomeno della violenza – conclude Vitone – attraverso l’impegno nel processo di cambiamento culturale veicolato dall’educazione nei confronti dei propri figli, dalla più tenera età, basata sul rispetto nei confronti dell’altro”.
Tanto dobbiamo alla dott.ssa Paola Labriola e a tutti i professionisti sottoposti a rischi sui posti di lavoro e che come lei si impegnano ogni giorno per realizzare “un ideale”.