“Non provo più odio per chi ha ucciso la
mia famiglia, voglio portare la vita a chi
mi ascolta e chiedo di fare altrettanto
ogni giorno perché solo così si rende
davvero giustizia
a chi è morto senza
alcuna colpa”.
Yolande Mukagasana
Il 6 aprile del 1994 ebbe inizio il genocidio del Rwuanda. 100 giorni e un mare infinito di vittime.
Abbiamo conosciuto e incontrato Yolande Mukagasana, sopravvissuta al genocidio. L’abbiamo fatta conoscere e incontrare a molti grazie ai libri che di lei abbiamo pubblicato:
La morte non mi ha voluta, pp 208 Euro 14,00;
Un giorno vivrò anch’io. Il genocidio raccontato ai giovani, pp 98 Euro 13,0;
Le ferite del silenzio. Testimonianze dal genocidio del Rwuanda, pp 216 Euro 22,00;
Da alcuni anni Yolande è tornata in Rwuanda, invitata dal Governo per costruire Il Giardino della pace, luogo della memoria e della riconciliazione tra chi è rimasto e tra i figli nati dal genocidio: figli spesso di donne violentate e abusate dai loro aguzzini.
Per ricordare e fare memoria vi invitiamo a sfogliare pagine del volume ‘Le ferite del silenzio’ cliccando qui. A 10 anni dal genocidio, Yolande, accompagnata dal fotografo Alain Kazinierakis, tornò in Rwuanda e intervistò alcune vittime e alcuni carnefici. Le foto di ognuno accompagnano la testimonianza.
Come scrisse Yolande: “Dietro il silenzio delle vittime si nasconde la paura. Dietro i loro sguardi si nasconde la sofferenza quotidiana. Dietro questo silenzio si nasconde il dolore di ogni singola persona.
Dietro il silenzio dei carnefici si nasconde la paura, diversa da quella che provano le vittime, poiché dietro il loro silenzio si nasconde il timore per la verità e la giustizia. Ho visto i traumi dei carnefici. Al solo pensiero, ne provo vergogna. Come vittima, non so se ho il diritto di commuovermi per la loro sofferenza, di cui sono gli unici responsabili’.
Come scrisse Alain: ‘Per gli uomini, donne e bambini che siamo andati a trovare, sia vittime che carnefici, il tempo si era fermato. La parola aveva quindi ancora la sua immediatezza. Mentre loro si confidavano a Yolande, io e la mia Hasselblad, era come se non esistessimo. È grazie a lei, alla sua presenza di sopravvissuta, che sono riuscito a mettermi di fronte al genocidio; lei mi ha invitato a sentire le profonde ferite della disperazione, la sofferenza di ogni istante, il dolore di aver perso tutto ciò che si amava, il senso di colpa per essere rimasto in vita.’
Il libro è sul sito de la meridiana. Per conoscere, sapere, ricordare. Fare memoria. Per imparare da Yolande il coraggio di… portare la vita.