E’ difficile scrivere, senza essere banali e scontati, di un concerto che è stato a dir poco perfetto. Un grande Claudio Baglioni si è esibito ieri sera (22 marzo) al Palaflorio di Bari cantando per tre ore, senza mai un minuto di pausa, i suoi più grandi successi, riarrangiati per l’occasione come solo i grandi sanno fare. In un palazzetto gremito fino all’inverosimile, il pubblico ha cantato tutti i testi delle canzoni, dalla prima all’ultima, senza mai fermarsi. Uno spettacolo nello spettacolo. Intere generazioni a confronto, dai nonni ai giovani nipoti, intorno a un cantautore che in quasi cinquant’anni di carriera ha raccontato con le sue canzoni, possiamo dirlo, l’anima vera del nostro Paese.
Baglioni canta l’amore per la vita e il pubblico si emoziona. Le melodie sospese fra giochi di luce e una presenza scenica che non ha eguali, accarezzano e scaldano i cuori e allontanano, sia pure per una sera, gli spettri delle paure che ogni uomo porta con sé ogni giorno.
I suoi testi raccontano di storie, le nostre storie, i nostri percorsi individuali che si intrecciano e si perdono e poi si rincontrano. Favole di tutti i giorni scalfite, a volte frante dal tempo, si ricompongono, sia pure nel tempo di una canzone, mentre l’attimo si ferma e la favola può tornare eterna.
Come tanti fotogrammi di esistenze semplici, i nostri ricordi, quasi dimenticati, come da una soffitta di cose vecchie, riaffiorano prepotentemente dalla memoria del tempo e ci raccontano di estati calde di tanti anni fa, di amori iniziati e poi finiti, di persone andate e a volte mai più ritrovate, di baci “a labbra salate”, di notti insonni ad ascoltare canzoni, di falò in riva al mare quando tutto sembrava più semplice e lontano da raggiungere. Erano gli anni dei sogni, ma gli “anni sono istanti sopra le spalle o dentro un secchio”, senza i quali, però, non saremmo noi, quelli di oggi.
Baglioni canta “Avrai”. Mi giro e scorgo un lui non più giovane che accarezza i capelli della sua donna che gentilmente reclina il capo sulla sua spalla e s’illumina in volto con un sorriso ancora giovane. Una piccola lacrima, densa di significato, brilla nel buio e le riga il volto. Si guardano, si sussurrano qualcosa nell’orecchio e poi sorridono, adagiando lentamente le umide ciglia. Non saprò mai cosa si son detti, ma percepisco attimi di piccola e intensa felicità che hanno il potere di riannodare i capi di vite a volte stanche, provate, logorate dalle vicende umane.
E’ bello guardarsi intorno e scoprire negli occhi delle persone, stupore, nostalgia, tristezza, gioia, lampi di felicità che riappacificano ogni coscienza con la propria storia. In fondo sono solo canzoni, ma forse le donne e gli uomini del nostro tempo hanno bisogno di queste emozioni per “ritrovare se stessi”. A volte bastano anche semplici parole che invitano a “saltare il buio e andare in punta dritti al sole, finché abbiamo musica e un pugno di parole, viviamo questa vita finché possiamo suonare e sogniamo finché abbiamo voce e amore per cantare, che ancora non siamo in croce se abbiamo un cuore e dieci dita”.
Claudio canta l’ultima canzone. I musicisti salutano e vanno via. Resta lui, solo, davanti al suo pubblico, sorridente e sazio di buoni sentimenti. Agita la mano e saluta con un “arrivederci, ci rincontreremo”… Si alza il sipario. Il concerto è finito. Ogni uomo ritorna alla sua storia con una ritrovata certezza… è proprio vero, a volte basta solo la poesia, il senso vero della vita!
Antonio Curci