La medicina estetica da un po’ di tempo interessa anche l’odontoiatria che applica le metodologie note come “ritocchi” anche alla bellezza del sorriso. Una bocca sana è un bigliettino di presentazione per: professionisti, modelle, gente dello spettacolo o, semplicemente, per “persone comuni” che vogliono sorridere senza imbarazzi. La cura dentale è uno dei piccoli problemi che assilla gli italiani colpiti da parodontite. Secondo Astra Ricerche il 60 % ne è colpito, ma solo 1 italiano su 3 conosce la malattia. Le cause e le possibili cure mediche che eviterebbero lo stadio finale della malattia sono sconosciute a molti che intravedono in modo pessimistico una condanna all’implantologia. La “caduta dei denti” è solo lo stadio terminale della parodontite che potrebbe essere recuperata in tempo se solo fossero riconosciute preventivamente le cause. La cattiva igiene, lo spazzolamento troppo energico, le cattive abitudini come i consumi eccessivi di caffè e fumo portano a una sedimentazione batterica che penetra nei tessuti causando una progressiva recessione gengivale fino alla mobilità dei denti. Si caratterizza come una patologia eziologica di cui soffre più della metà della popolazione.
Si può evitare il recupero drammatico tramite con impianti costosi e traumatici solo attraverso il riconoscimento tempestivo della malattia e l’azione immediata che può concretizzarsi in laser terapia (nei casi più gravi, ovvero un piccolo intervento ambulatoriale) che consiste nello spostamento dei tessuti in eccesso verso il margine dei denti per “coprire” letteralmente la recessione o, quando necessario, aumentare lo spessore della gengiva. Si tratta di una vera chirurgia plastica gengivale. Un’alternativa che sta diventando “à la mode” è l’iniezione di acido ialuronico che eviterebbe la precedente e permetterebbe in modo mini invasivo, che consta di tre step di trattamento dei tessuti periorali, di ottenere una naturale ricostruzione di questi che si rigenerebbero naturalmente. Sono mini filler di collagene o acido ialuronico che colmerebbero le cosiddette “tasche gengivali”. Si è registrato un miglioramento nell’80% dei pazienti che si sono sottoposti al trattamento che ha un costo nettamente inferiore all’implantologia. Come ogni “ritocco” è previsto un margine di durata del trattamento che andrebbe rivisto almeno una volta all’anno. Ciò non esclude che le capacità di reazione dei pazienti sono diverse come è diversa la patologia a eziologia multifattoriale. A oggi il trattamento risponde piuttosto bene e appare come valida alternativa e meno costosa per il recupero dei tessuti e del sorriso smagliante.
Sarebbe buona norma rivedere le modalità di igiene e una buona conoscenza di queste se solo fosse fatta più informazione.
Giuseppina Raco