Leggiamo e letteralmente trascriviamo dalla Gazzetta del Mezzogiorno che entro la fine di maggio di quest’anno, si sono esauriti i circa 32 milioni di euro (Circa sessantacinque miliardi di lire) erogati dal Ministero delle Sviluppo economico al fine di incentivare la mobilità ecologica nella città di Bari. A cosa siano serviti tanti soldi, non lo abbiamo ben compreso, ma di certo sono state realizzate da diversi soggetti, ventisei della cinquanta stazioni di rifornimento di ricarica elettrica sulle quali qualche considerazione tecnica va pure fatta. Innanzitutto, una ricarica completa, cioè il pieno, ha bisogno di un tempo che non è inferiore alle sei ore, mentre per una ricarica mordi e fuggi, che ti fa percorrere circa un centinaio di chilometri, sarebbero sufficienti trenta minuti.Si parla di incentivi per l’acquisto di auto elettriche che andrebbero bene subito per i nuovi assessori, ma non abbiamo letto da nessuna parte quanto costino in realtà e se arriveranno altri fondi incentivanti, visto che gli altri si sono già esauriti e con la crisi che c’è non sappiamo se arriveranno. Non abbiamo capito se la spesa valga l’impresa dal momento che ci sono già da tempo le efficientissime auto ibride che in città marciano con la propria batteria che si ricarica automaticamente. senza creare inutili monumenti che potrebbero fare la fine dei tanti totem stradali, ivi compresi quelli che resistono ancora nella loro nullità di rappresentare un ridicolo deterrente contro l’alta velocità. Ci sono priorità che vanno realizzate ed altre che possono attendere, mentre nel frattempo il neo sindaco Decaro e gli assessori che collaboreranno con lui possono consultare internet cliccando su Google: immagini del degrado di Bari, per il quale sappiamo chi ringraziare. Il prossimo 6 luglio il nuovo sindaco di Bari si recherà a presenziare alla cerimonia dell’alza alla rotonda del lungomare; se ci andrà a piedi, gli capiterà di transitare davanti al vergognoso monumento all’indecenza che fa bella mostra di sè, ma non fa onore alla città.
Lucio Marengo