Sabato, 29 giugno, i Bon Jovi hanno tenuto un grande concerto allo stadio di San Siro e per i 50 mila fan presenti è stata una serata indimenticabile. L’unica tappa italiana del ”Bon Jovi Because We Can – The Tour” della celebre band si è aperta con la canzone “That’s What the Water Made Me“. A causa del periodo di rehab, sul palco non era presente il chitarrista Richie Sambora. Il suo posto è stato preso da Phil X.
Prima del suo arrivo a Milano lo aveva promesso: i Rolling Stones, che in contemporanea stavano salendo sul palco di Glastonbury, gli avrebbero invidiato il palco. E Bon Jovi è stato di parola visto che, per celebrare la sua prima volta a San Siro nonché il trentennale della band, ha fatto la sua unica data italiana davanti a 50mila persone sotto una coreografia (decisamente) ambiziosa con un enorme cofano di una Buick del 1960 ricreato ad hoc.
Giacca di pelle, chitarra sotto il braccio e ciuffo d’ordinanza, John Francis Bongiovi Junior in arte Jon Bon Jovi, 120 milioni di dischi venduti e discendenza italiana diretta (il nonno era di Sciacca), ha aperto il concerto di Milano con un pezzo preso dall’ultimo album, That’s what the water made me, prima di mandare in visibilio i fan con You give a love a bad name, anno di grazia 1986, inno a cielo aperto accolto con un boato che ha fatto oscillare perfino le tribune del Meazza.
Tre ore di musica hanno incantato lo stadio e i fan hanno riservato una calorosa accoglienza ai Bon Jovi: “Raise Your Hands” fa completamente esplodere la folla. Migliaia di mani alzate verso il cielo e Jon avverte esclama: “Che bello essere qui, che posto unico. Abbiamo molte canzoni da suonare, quindi allacciate le cinture e lasciate guidare Johnny” urla nel microfono Bon Jovi prima di ripartire con Runaway, primo singolo di debutto che la sua band pubblicò esattamente trent’anni fa, nel 1983.
Una dietro l’altra, hit come Lost Highway, Born to be my baby e la recente Because We Can, ispirata al second term di Obama, che però ha riservato una sorpresa, visto che la scenografia preparata dai fan, un enorme mosaico composto da bandiere italiane assieme ad altre a stelle e strisce, ha letteralmente fatto commuovere Bon Jovi, al punto da dover interrompere il concerto. “Grazie, grazie, grazie” ha ripetuto il cantante nascondendo il volto, ancora sulla scia dell’emozione prima di ricominciare, dall’inizio, lo stesso brano.
Dopo questo momento così intimo, l’energia della musica è tornata a pervadere San Siro. “What About Now”, “We Got It Goin’ On” e prima di eseguire “Keep the Faith”, la band ha fatto i complimenti alle moltissime ragazze presenti allo stadio: “Quando gridano – le fan italiane – sono meravigliose”. La serata è proseguita con una dedica a tutte le madri del mondo, “Amen” dal suo ultimo album. Migliaia di accendini hanno fatto poi da cornice a “In these arms” e “Captain Crash & the Beauty Queen From Mars”, che fanno parte del repertorio meno conosciuto della band.
E allora, dopo tre ore di musica, ecco la chiusura trionfale su Have a nice day, Livin’ on a Prayer (con inevitabile effetto karaoke) Always, sigillo romantico su una serata davvero speciale, e un attimo prima della conclusione con These Days, un accenno a O’ sole mio e infine (“Amo questa città, ne faccio ancora una”) This Ain’t A Love Song con i 50mila del Meazza in delirio.
Massimo Pellicani