Fa sorridere l’ingenuità di taluni personaggi che si meravigliano e cercano di capire il perché il mercato dell’auto sia in caduta libera. Stando ai dati di oggi, a luglio, le nuove immatricolazioni hanno registrato un -21,4% rispetto a luglio dello scorso anno, dopo il -24,11% di giugno. L’Anfia, per bocca del suo presidente Roberto Vavassori dichiara: “Mai così male dal 1978”, e aggiunge: “Ci auguriamo che i recenti segnali di rallentamento dell’inflazione abbiamo seguito nei prossimi mesi, consentendo alle famiglie di recuperare la fiducia e il potere d’acquisto erosi dall’impatto delle ultime manovre economiche, e rilanciando gradualmente i consumi”.
Ma davvero basta che rallenti l’inflazione per riportare le famiglie italiane a comprare automobili? Vavassori è a dir poco disarmante nella sua analisi che, onestamente, appare anche un po’ semplicistica.
Ma non è tutto. L’Unrae aggiunge: “Leggi sbagliate”. Secondo l’Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri, il crollo dell’auto è da imputare ad “una serie di leggi inefficaci per le finanze dello Stato, come il superbollo e l’aumento delle Imposte Provinciali di Trascrizione, ma devastanti per il mondo dell’auto”. A dichiarare questo pensiero profondo è Jacques Bousquet, presidente dell’Unrae che aggiunge: “Dall’auto è quindi venuto a mancare il cospicuo sostegno che ha sempre dato all’economia, perchè le famiglie e i giovani vedono oggi difficile il mantenimento e l’uso dell’automobile, spremuti come sono dalle tasse e dalle incertezze sul lavoro”.
Passino le tasse alte e l’incertezza sul lavoro. Ma davvero sono i supebolli a disincentivare gli acquisti? Quanti sono gli italiani che possono permettersi una superauto? E le tasse di trascrizione? Non sono un nulla rispetto ai costi di mantenimento di un’automobile?
Marchionne però, sul fronte degli investimenti, rassicura: “La crisi non consente al momento di fornire indicazioni sui futuri investimenti”.
A nessuno è venuto in mente che la crisi dell’auto sia da imputare ad una serie di disincentivi all’acquisto che in Italia si stanno cronicizzando. Da cittadino qualunque, qualche disincentivo lo riesco ad individuare:
- Precarietà del mondo del lavoro
- Alti tassi di disoccupazione
- Stipendi e scatti di anzianità bloccati (per i fortunati che ancora ne conservano uno)
- Tasse sempre più esose a tutti i livelli.
Insomma pochi danari in tasca alle famiglie per investirli su un’automobile nuova e fiammante.
Ma non è tutto! Fra i produttori di auto, nessuno ha il coraggio di ammettere che i carburanti sono aumentati negli ultimi 3 anni del 50%. A nessuno viene in mente che le assicurazioni sull’auto negli ultimi dieci anni sono aumentate di oltre il 100%. Nessuno nota, poi, che le città italiane non consentono più il parcheggio gratuito, neanche per chi deve recarsi al lavoro. Non parliamo poi dei costi di manutenzione e officina.
A Marchionne, infine, ci sentiamo di dire che il mercato dell’auto potrà riprendersi solo se i costruttori faranno investimenti mirati a cambiare il concetto di mobilità. Un grosso impulso agli acquisti lo potranno dare tutti quegli investimenti fatti nella direzione di far risparmiare quattrini alle famiglie, in primis, proprio quelli atti a produrre automobili alimentate da energie alternative. Benefici che, a ben guardare, si estenderebbero alla salubrità dell’ambiente con un notevole risparmio di risorse finanziare pubbliche.
Caro Marchionne, ripensi agli investimenti. Un piccolo sacrificio per una florida rinascita. Basta volerlo!
Antonio Curci