L’ultima “fatica” cinematografica di Dario Argento , Dracula 3D uscito nelle sale lo scorso 22 novembre, non fa che confermare i tentativi infruttuosi del regista di mantenere il titolo di “maestro dell’horror”. Già con La terza madre e Il cartaio non aveva soddisfatto le aspettative dei suoi ammiratori. Siamo lontani dal talento visionario e dal thrilling che ha caratterizzato la maggior parte delle sue produzioni passate (Suspiria, Profondo rosso, Phenomena). Del perché il regista abbia scelto come soggetto Dracula di Bram Stoker, stravolgendone i contenuti di un romanzo che è entrato nell’immaginario comune con una sua fissità e cercando di trasformarlo in uno dei suoi film allucinanti e ossessivi dalle inquadrature alle musiche ai dettagli curatissimi, resta del tutto oscuro.
La storia è ben nota: Jonathan Harker è assunto presso l’antico castello del conte Dracula come bibliotecario (nel romanzo curava l’acquisto di un immobile in Europa) e spesso durante la sua dimora viene visitato da una losca figura femminile (Tanya, assente nel romanzo, uccisa la notte prima in circostanze sospette) che cerca un approccio sessuale andato a male a causa dell’intromissione del conte che lo uccide succhiandogli il sangue (nel romanzo Harker partecipa fino all’ultimo all’uccisione del conte). Intanto al villaggio si reca Mina, moglie di Jonathan, accolta dall’amica Lucy. Dopo qualche giorno di attesa e il mancato ritorno di Jonathan, Mina decide, dietro il consiglio di Lucy, di andare al castello del conte a cercare il marito. La giovane resiste al sortilegio del vampiro che si scopre innamorato di lei per la somiglianza con la sua defunta moglie morta quattrocento anni prima. Tornata al villaggio viene a conoscenza della morte dell’amica che è stata “vampirizzata” dal conte, il quale potrà essere ucciso solo dall’esperto di vampiri Abraham Van Helsing. La stessa notte, Dracula, assumendo le sembianze di una cavalletta gigante (fosforescente!), uccide il padre di Lucy e rapisce Mina. Van Helsing raggiunge i due al castello armato di una pistola con le pallottole d’argento ma perde l’arma nella colluttazione col conte che ripetutamente lo scaraventa contro una roccia (non avrebbe dovuto esser già morto?!). Mina, sveglia dall’incantesimo del conte, raccoglie l’arma e spara Dracula. Il corpo del conte si trasforma in polvere che si raccoglie assumendo le sembianze di un lupo che si scaglia contro gli spettatori.
Dal finale sembra che il regista voglia lasciare il dubbio sull’effettiva morte del vampiro, sperando che non ne tragga materia di ispirazione per un sequel reinventato. Tutto in questo film non nasconde la finzione spinta fino all’inverosimile e, dalle ambientazioni (seppur curate) ma che hanno un gusto tra il medievale e il western/country, dai dialoghi troppo semplici e brevi, dai personaggi scarni e privi di personalità, non ne vien fuori un giudizio positivo. Lo stesso Dracula è capace di trasformarsi in diversi animali: dalla mosca che infastidisce lo spettatore con la proiezione stereoscopica , alla cavalletta gigante e al lupo nella scena finale. Lucy Westenra interpretata da Asia Argento assume pose plastiche e risente negativamente del suo autodoppiaggio. Dracula, l’emblema dell’erotismo e del desiderio sessuale inconfessato, interpretato da Thomas Kretschmann, che diventa un’ossessione dei suoi inseguitori, si trasforma in un burattino rigido che con l’aiuto di qualche nudo integrale delle “vampirizzate” risolve la sua carica erotica originaria in un eros che ricorda il settore del softcore. Il 3D non aiuta la resa, le figure sembrano sovraesposte all’ambientazione ed eccessivamente illuminate, fin troppo per la dimora del conte Dracula che si realizza nell’immaginario come tetra e labirintica.
Nemmeno le musiche di Claudio Simonetti (ex componente dei Goblin, autori della colonna sonora del fortunato Profondo rosso) creano adeguatamente l’atmosfera. Dario Argento non smentisce il suo gusto per lo splatter, e con teste volanti e fontane di sangue firma il suo ultimo “capolavoro” che se per certi versi sembra una parodia del genere, per altri forse vuole richiamarsi ad un vecchio cinema espressionista di cui era ammiratore e seguace. Altresì per la bassa risoluzione grafica il suo sembra un horror “artigiano” che delude o crea ulteriori aspettative per i suoi sostenitori che non si rassegnano alla fine di un mito.
Trailer su https://www.youtube.com/watch?v=TwpVazcCDxQ
Giusy Raco